Dello stesso autore

Volkswagen Käfer (Maggiolino), 1938

“Nel 1930, Ferdinand Porche fondò a Stoccarda una ditta di progettazione. Due suoi progetti di automobili di piccole dimensioni per la  Zündapp, (famosa casa motociclistica) e la NSU -vetture a quattro posti con motore posteriore in una forma aerodinamica- aprirono all’idea di una automobile di massa per il popolo tedesco, progetto di cui la ditta Porche divenne responsabile. Il progetto, per decisione dello Stato, fu intrapreso dal Fronte del lavoro tedesco, con la sua società pe ril tempo libero Kraft durch Freude (Forza attraverso la gioia) che diede anche il nome al modello. Il progetto di massima era già stato ultimato intorno al 1930 da disegnatore di carrozzerie del Porche, Erwin Komenda, mentre lavorava ancora per la Daimler-Benz. ….l’auto fu munita di un motore boxer a 4 cilindri raffreddato ad aria, concepito per offrire una potenza costante anche sulle nuove autostrade…. Dopo moltissimi test, il modello del 1938, ormai pronto per la produzione in serie con un coefficiente di resistenza di 0,385Cx, fu messo in produzione nel 1946 dalla forza di occupazione inglese in Germania. Il 30 luglio 2003, data in cui cessò definitivamente anche in Messico la produzione di Käfer (Maggiolino) – nel frattempo divenuto un oggetto cult, registrò la cifra record di ventuno milioni di esemplari prodotti”.

tratto da:”Mitomacchina. Il design dell’automobile: storia, tecnologia e futuro.” catalogo mostra Rovereto; museo di Arte Moderna e Contemporanea. di Trento e Rovereto 2 dicembre  2006-1 maggio 2007,pg.274

Interni del Maggiolino 1938

tratto da:”Mitomacchina. Il design dell’automobile: storia, tecnologia e futuro.” catalogo mostra Rovereto; museo di Arte Moderna e Contemporanea. di Trento e Rovereto 2 dicembre  2006-1 maggio 2007, pg.274

Statistiche

Interni 2Cv 1939

tratto da:”Mitomacchina. Il design dell’automobile: storia, tecnologia e futuro.” catalogo mostra Rovereto; museo di Arte Moderna e Contemporanea. di Trento e Rovereto 2 dicembre  2006-1 maggio 2007, pg.278

Citroën T.P.V.(Toute petite voiture) 1939

“E’ stato scritto che la 2CV, affettuosamente soprannominata “Deuche” dai francesi (da “deux chevaux”, due cavalli), non è un’automobile, è uno stile di vita; è sicuramente l’essenzialità e la semplicità allo stato puro. Chi l’ha guidata almeno una volta, se la ricorderà per sempre. Nel 1922 i fratelli Michelin, titolari della casa produttrice di pneumatici, lanciano la prima inchiesta di mercato in Europa per trovare le caratteristiche dell’auto popolare. I risultati furono che doveva essere grande all’interno, con quattro posti, poter trasportare 50 chili e costare poco. Non avrebbero mai immaginato che, un quarto di secolo dopo essi stessi avrebbero prodotto proprio quella vettura. Infatti divenuti azionisti di maggioranza della Citroën a causa di crediti non pagati furono loro a chiedere il progetto di una “$ roues sous un parapluie” (quattro ruote sotto un ombrello). Come quello della “KdF” voluta da Hitler per la Germania, anche il progetto della 2CV nasce prima della seconda guerra mondiale; nel 1937 un primo prototipo è già provato su strada e nel maggio 1939 circa 250 vetture preproduzione  sono pronte per il lancio. Lo scoppio della guerra blocca tutto….”

tratto da:”Mitomacchina. Il design dell’automobile: storia, tecnologia e futuro.” catalogo mostra Rovereto; museo di Arte Moderna e Contemporanea. di Trento e Rovereto 2 dicembre  2006-1 maggio 2007, pg.278

Il pruno

tulipani

Gioacchino da Fiore

Gioacchino da Fiore nacque a Célico (Cosenza) intorno al 1130. Dopo aver visitato la Palestina, si fece frate cistercense e in seguito fu nominato abate. Tra i vari monasteri di cui fu ospite si ricorda l’abbazia di Casamari. In seguito ad una crisi spirituale, abbandonò l’ordine e dopo un periodo di eremitaggio fondò la Congregazione Florense, che prende titolo dal monastero di san Giovanni in Fiore, sulla Sila, dove ebbe sede, e che nel 1570 confluì nell’ordine dei cistercensi. Gioacchino morì intorno al 1202, secondo alcuni a Pietralta o Petrafitta, secondo altri a Corazzo o S. Martino di Canale o S. Giovanni in Fiore. Di lui sono note interessanti e originali intuizioni in ambito teologico e filosofico tra le quali spiccano quelle relative allo sviluppo dei concetti riferiti alle “Tre Età della Storia terrena”. Le “Figurae”, concepite e disegnate da Gioacchino da Fiore in tempi diversi, vennero esemplate e radunate nel Liber Figurarum nel periodo immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta nel 1202. Scrisse anche uno scritto teologico polemico contro Pietro Lombardo, oggi perduto, il De unitate seu essentia Trinitatis; uno scritto contro gli ebrei, l’Adversus Iudaeos; il De articulis fidei; i Tractatus super quattuor Evangelia.

A partire da una rigorosa esegesi del testo biblico, Gioacchino formulò una filosofia della storia imperniata sulla corrispondenza delle tre età della Storia alle tre persone della Trinità. Elementi analoghi alla visione gioachimita della storia sono presenti anche nelle visioni di Ildegarda di Bingen, strutturate su una ossatura biblica profetica e apocalittica. Lo stesso piano di Dio porta gli uomini dallo stato animale a quello psichico a quello pneumatico o spirituale. Il segno dell’età dello Spirito che viene saranno proprio gli “uomini nuovi”, di fronte ai quali la Chiesa proverà un invincibile terrore; gli sconvolgimenti descritti nell’Apocalisse segneranno il momento del passaggio. Secondo la tradizione semitica, lo Spirito Santo corrisponde al principio femminile di Dio. Questo aspetto in qualche misura traspare anche nell’accostamento operato a Chartres dello Spirito Santo con l’anima del mondo e la natura, e nell’esegesi di Gen. I, 2, “sulle acque aleggiava lo Spirito di Dio”.

L’Ecclesia spiritualis. Nel Liber concordiae Novi et Veteris Testamenti, Gioacchino precisa il suo punto di vista: modifica la visione della storia trasmessa da Agostino alla teologia medievale. La teoria agostiniana proponeva un’interpretazione cristocentrica della storia. Il monaco florense la rifiuta a favore di quella trinitaria che implica una trasformazione del ruolo della gerarchia ecclesiastica e della funzione dei sacramenti e della Bibbia. La nuova chiesa che Gioacchino attende è l’Ecclesia spiritualis. Le dottrine di Gioacchino da Fiore vennero condannate in quello stesso Concilio Lateranense del 1215 che stabilì l’impossibilità di creare nuovi ordini monastici e impose l’obbligo della clausura alle donne che abbracciavano la vita religiosa. Dopo la morte furono attribuiti a Gioacchino molti commenti esegetici, profezie e vaticini.  Fulcro di tutto il pensiero di Gioacchino è la considerazione dell’unità e trinità di Dio, pensate non solo nell’interiorità del processo divino, ma anche, e più, nel loro esplicarsi nella realtà storica, che va perciò intesa come il manifestarsi di una economia provvidenziale, in cui a ogni persona della Trinità corrisponde un’era storica: così al Padre corrisponde l’epoca precedente la venuta di Cristo e il relativo Libro sacro, il Vecchio Testamento; al Figlio l’epoca appunto di Cristo e della Chiesa con il Nuovo Testamento; allo Spirito Santo, un’epoca ancora futura, l’età dello Spirito. Ma come le tre persone trinitarie costituiscono l’unità divina, così le tre epoche sono legate tra loro da una corrispondenza proporzionale, per cui ogni personaggio storico della prima epoca ha l’equivalente, sempre, nella seconda: per es., Abramo e Zaccaria, Sara ed Elisabetta, Isacco e Giovanni Battista, i dodici patriarchi e i dodici apostoli. Questa corrispondenza, chiamata da Gioacchino concordia, gli permette poi d’intravedere le linee fondamentali della terza età, che sarà età di suprema libertà, di perfetta carità, di completa spiritualità. Guida del genere umano nella terza età sarà un ordine religioso perfetto  che assorbirà in sé laici, clero e la stessa gerarchia ecclesiastica, avviando tutti i fedeli alla perfezione cristiana.

Dante  ritiene Gioacchino una persona degna al punto di collocarlo all’interno della Commedia nel Paradiso (Canto XII, vv. 140-141) dicendo di lui:« … il calavrese abate Giovacchino / di spirito profetico dotato». Recentemente Barack Obama, durante la sua campagna elettorale, lo ha citato chiamandolo “maestro della civiltà contemporanea, ispiratore di un mondo più giusto”.

“Quod non est in actis non est in mundo” anonimo

Niente è come sembra – Franco Battiato

Isaia 60

Si descrive in questo testo di Isaia il ritorno del popolo liberato e la ricostituzione di Gerusalemme dopo l’esilio di Babilonia (587-538 a.C.). È attribuito ad uno o più profeti che gli studiosi chiamano Terzo Isaia, vissuto durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e negli anni successivi (dal 520 a.C. in poi). Tutto il capitolo 60 è un canto di speranza per Gerusalemme e un sogno sul futuro.

Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
2 Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra,
nebbia fitta avvolge le nazioni;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
3 Cammineranno i popoli alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
4 Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
5 A quella vista sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te,
verranno a te i beni dei popoli.
6 Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Madian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.
7 Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te,
i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio,
saliranno come offerta gradita sul mio altare;
renderò splendido il tempio della mia gloria.
8 Chi sono quelle che volano come nubi
e come colombe verso le loro colombaie?
9 Sono navi che si radunano per me,
le navi di Tarsis in prima fila,
per portare i tuoi figli da lontano,
con argento e oro,
per il nome del Signore tuo Dio,
per il Santo di Israele che ti onora.
10 Stranieri ricostruiranno le tue mura,
i loro re saranno al tuo servizio,
perché nella mia ira ti ho colpito,
ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te.
11 Le tue porte saranno sempre aperte,
non si chiuderanno né di giorno né di notte,
per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli
e i loro re che faranno da guida.
12 Perché il popolo e il regno
che non vorranno servirti periranno
e le nazioni saranno tutte sterminate.
13 La gloria del Libano verrà a te,
cipressi, olmi e abeti insieme,
per abbellire il luogo del mio santuario,
per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.
14 Verranno a te in atteggiamento umile
i figli dei tuoi oppressori;
ti si getteranno proni alle piante dei piedi
quanti ti disprezzavano.
Ti chiameranno Città del Signore,
Sion del Santo di Israele.
15 Dopo essere stata derelitta,
odiata, senza che alcuno passasse da te,
io farò di te l’orgoglio dei secoli,
la gioia di tutte le generazioni.
16 Tu succhierai il latte dei popoli,
succhierai le ricchezze dei re.
Saprai che io sono il Signore tuo salvatore
e tuo redentore, io il Forte di Giacobbe.
17 Farò venire oro anziché bronzo,
farò venire argento anziché ferro,
bronzo anziché legno,
ferro anziché pietre.
Costituirò tuo sovrano la pace,
tuo governatore la giustizia.
18 Non si sentirà più parlare di prepotenza nel tuo paese,
di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini.
Tu chiamerai salvezza le tue mura
e gloria le tue porte.
19 Il sole non sarà più la tua luce di giorno,
né ti illuminerà più
il chiarore della luna.
Ma il Signore sarà per te luce eterna,
il tuo Dio sarà il tuo splendore.
20 Il tuo sole non tramonterà più
né la tua luna si dileguerà,
perché il Signore sarà per te luce eterna;
saranno finiti i giorni del tuo lutto.
21 Il tuo popolo sarà tutto di giusti,
per sempre avranno in possesso la terra,
germogli delle piantagioni del Signore,
lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria.
22 Il piccolo diventerà un migliaio,
il minimo un immenso popolo;
io sono il Signore:
a suo tempo, farò ciò speditamente.

 

Samarcanda

“II discepolo di un Sufi di Bagdad era seduto un giorno in un angolo di una locanda, quando sorprese una conversazione tra due persone. A sentirle parlare, capì che una di loro era l’Angelo della Morte.
“Ho molte visite da fare in questa città nelle prossime tre settimane”, stava dicendo l’Angelo al suo compagno.
Terrorizzato, il discepolo si rannicchiò nel suo angolino finché i due non se ne furono andati. Poi fece appello a tutta la sua intelligenza per trovare il modo di scampare all’eventuale visita dell’Angelo, e alla fine decise di allontanarsi da Bagdad affinché la morte non potesse raggiungerlo. Dopo aver fatto questo ragionamento, non gli restava che noleggiare il cavallo più veloce e, spronandolo giorno e notte, arrivare fino alla lontana Samarcanda.
Nel frattempo la Morte si incontrò con il maestro sufi, col quale si intrattenne a parlare di varie persone. “Ma dov’è dunque quel vostro discepolo tal dei tali?”, chiese la Morte.
“Dovrebbe trovarsi da qualche parte in città, immerso in contemplazione, forse in un caravanserraglio”, rispose il maestro.
“È strano”, disse l’Angelo, “perché è proprio nella mia lista … Ah, ecco, guardate: devo prenderlo fra quattro settimane a Samarcanda, e in nessun altro luogo”.

tratto da: http://www.sufi.it/sufismo/mulla_nasruddin/morte_Bagdad.htm

Lykke Li – I Follow Rivers

Akītu

Festa del capodanno (rēš šatti) babilonese, che si celebrava all’equinozio di primavera (mese di Nisanu) o d’autunno (mese di Tesritu). Protagonista ne era il dio cittadino (Marduk a Babilonia, Assur ad Assur, Nanna a Ur, ecc.), la cui statua, riccamente adorna, veniva trasportata processionalmente su un carro dal tempio cittadino a quello extraurbano (bītakīti), con grande partecipazione popolare. A Babilonia si recitava ritualmente durante la festa il poema della creazione (enūma eliš). La ripetizione rituale dell’evento originario della creazione e l’insistenza su riti di purificazione dimostrano che la festa del capodanno era vista come un rinnovamento generale della vita naturale e civile, l’inizio di una nuova era (l’anno, appunto) che ripete sostanzialmente quella cosmica iniziata con la creazione.

Arcieri al Pergamon Museum Berlino

Porta di Ishtar


video tratto da:http://www.youtube.com/watch?v=u-MLj–4HXA

La Porta di Ishtar era in origine una delle otto porte monumentali (14 metri di altezza per 10 di larghezza) della parete interna di Babilonia. Fu costruita per onorare la dea omonima nel 575 a.C. da Nabucodonosor II sul lato nord della città. Si compone di migliaia di mattonelle smaltate da caratteristico colore ottenuto dai frammenti di lapislazzuli blu di cui il rivestimento dei mattoni è impastato. Ed è percorsa lungo tutto il suo perimetro da immagini di draghi, tori, leoni e creature mitologiche. I resti della porta originale sono stati scoperti a Babilonia tra il 1912 e il 1914 da un’equipe di archeologi tedeschi. La maggior parte dei reperti fu pertanto trasferita in Germania nel 1930. Qui al Pergamon Museum di Berlino è stata ricostruita interamente. Altri reperti sono conservati anche nei musei di Istanbul, New York, Detroit, Boston. In Babilonia ‘Porta di Dio’ troviamo la porta reale, quella di Ishtar. La porta attraversa, come il sangue un corpo vivo, il Viale delle Processioni. La porta azzura di Ishtar, entrata principale della citta’,presentava lo spettacolo impressionante della forza e della grandezza. Il tempio più importante era quello dedicato a Marduk e chiamato Esagil, che significa “tempio dall’alto tetto”;situato sulla sponda dell’Eufrate, constava di due parti principali: una più antica, con la Porta Santa e la torre, l’altra, più recente, che era il tempioEsagil stesso; era di pianta quadrata con la cella del dio (che conteneva la sua statua, seduta in trono, di certo simile a quella che si vede riprodotta in alcuni sigilli cilindrici, e inoltre, il letto, il carro, e la barca del dio). Come in genere tutti i templi mesopotamici, anche l’Esagil era ricco di cortili. La torre (ziqqurat) chiamata Etemenanki, che significa “casa del fondamento del cielo e della terra”, si ergeva su una base quadrata di 90 m di lato, e constava di 7 piani, per un’altezza totale di 90 m; il settimo piano era rivestito di mattoni smaltati in azzurro e portava un tempietto (gigunu). Altro tempio famoso era il bīt akītu edificato fuori della cinta di mura, al quale conduceva la strada processionale Aīburshābū che passava sotto la porta di Ishtar; ivi si svolgeva principalmente, ogni primavera, la festa del capodanno babilonese, l’akītu, che era la festa più importante dell’anno e durava dodici giorni. I palazzi più importanti erano il castello, il palazzo d’estate e il grande palazzo di Nabucodonosor II.

Lettura di oggi 20 marzo 2012

Dal libro del profeta Daniele
In quei giorni il re Nabucodònosor disse: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?».
Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente.
I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace. Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi».
Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio».

trattio da: Daniele  3,14-20.46-50.91-92.95

Api nel sole

“L’uomo sereno  procura serenità a sé e algli altri” Epicuro