Ricordi
Hewhà
” Il nome Hewhà appare come un grado inferiore del nome divino e del suo potere, come un’emanazione materna di Dio, è colei che, invisibile, trasmette e trasforma, con fatica lo spirito vitale, da un grado dell’essere a un altro grado dell’essere, da una forma all’altra, da una realtà all’altra, facendolo nascere sempre di nuovo -quello stesso spirito che nel nome divino si trasmette infinitamente da se stesso a se stesso, he della he, Spirito dello Spirito, Vita della Vita, chiuso in sé. Aishà-Hewhà è colei che fa nascere l’uomo sulla terra, e l’uomo nell’uomo, e la conoscenza nell’uomo. Ed è sia nell’uomo sia in Dio, è ciò che continua a congiungere l’uomo a Dio, anche he dopo la discesa sulla terra.”
tratto da: “I maestri invisibili”, Igor Sibaldi, Oscar Bestsellers misteri.2021
Cento anni fa un’idea rivoluzionaria di maestro
Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima, negandone i nessi con la psicologia e con l’etica. L’educazione dev’essere intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così la propria autonomia. L’insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono fissare le fasi o prescrivere il metodo: «il metodo è il maestro», il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è alla base dell’educazione. Al maestro è richiesta una vasta cultura e null’altro, il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e ri-creazione. Il dualismo scolaro-maestro deve risolversi in unità attraverso la comune partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l’educatore verso l’educando e lo riassorbe nell’universalità dell’atto spirituale. «Il maestro è il sacerdote, l’interprete, il ministro dell’essere divino, dello spirito». Il maestro incarna lo spirito stesso, l’allievo deve allora entrare in sintonia nell’ascolto col maestro, proprio per partecipare anche lui dell’attuarsi dello spirito, per farsi libero ed autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi, facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.
Questi concetti ispirano la riforma scolastica del 1923, attuata da Gentile in veste di ministro della pubblica istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri.
Tratto da Wikipedia
Parole profetiche
– Ma qui appunto sta l’essenza di ciò che il vecchio deve esprimere. “Lo spirito intelligente e terribile, lo spirito dell’autodistruzione e del non essere, – continua il vecchio, – il grande spirito. Ti parlò nel deserto, e nei libri ci è riferito come egli Ti avesse “tentato”. Non è così? Ma si poteva mai dire qualcosa di più vero di quanto egli Ti rivelò nelle tre domande che Tu respingesti e che nei libri sono dette “tentazioni”? Tuttavia, se mai ci fu sulla terra un vero e clamoroso miracolo, fu in quel giorno, nel giorno di quelle tre tentazioni. Precisamente nella formulazione di quelle tre domande era racchiuso il miracolo. Se si potesse, soltanto a mo’ di esempio e di ipotesi, immaginare che quelle tre domande dello spirito terribile fossero scomparse dai libri senza lasciare traccia e che occorresse ricostruirle, pensarle e formularle di nuovo, per rimetterle nei libri, e se per questo si riunissero tutti i sapienti della terra – governanti, prelati, dotti, filosofi, poeti, – e si assegnasse loro questo compito: immaginate, formulate tre domande tali da corrispondere all’importanza dell’evento non solo, ma da esprimere per giunta in tre parole, in tre proposizioni umane, tutta la futura storia del mondo e dell’umanità, – ebbene, credi Tu che tutta la sapienza della terra, insieme raccolta, potrebbe concepire qualcosa di simile per forza e profondità a quelle tre domande che Ti furono allora rivolte nel deserto dallo spirito intelligente e possente? Già solo da quelle domande e dal prodigio della loro formulazione si può capire che si ha da fare non con lo spirito umano transitorio, ma con quello eterno ed assoluto. In quelle tre domande infatti è come compendiata e predetta tutta la storia ulteriore dell’umanità, sono dati i tre archetipi in cui si concreteranno tutte le insolubili, contraddizioni storiche dell’umana natura su tutta la terra. Questo non poteva ancora, a quel tempo, essere così chiaro, poiché l’avvenire era ignoto, ma adesso, passati quindici secoli, noi vediamo che in quelle tre domande tutto era stato a tal segno divinato e predetto e che tutto si è a tal segno avverato, che non è più possibile aggiungervi o toglierne alcunché.
“Decidi Tu stesso chi avesse ragione, se Tu o colui che allora T’interrogava. Ricordati la prima domanda: se non la lettera il senso era questo: “Tu vuoi andare e vai al mondo con le mani vuote, con non so quale promessa di una libertà che gli uomini, nella semplicità e nella innata intemperanza loro, non possono neppur concepire, che essi temono e fuggono, giacché nulla mai è stato per l’uomo e per la società umana più intollerabile della libertà! Vedi Tu invece queste pietre in questo nudo e infocato deserto? Mutale in pani e l’umanità sorgerà dietro a Te come un riconoscente e docile gregge, con l’eterna paura di vederti ritirare la Tua mano, e di rimanere senza i Tuoi pani”. Ma Tu non volesti privar l’uomo della libertà e respingesti l’invito, perché, cosí ragionasti, che libertà può mai esserci, se la ubbidienza è comprata coi pani?
Tu obiettasti che l’uomo non vive di solo pane, ma sai Tu che nel nome di questo stesso pane terreno, insorgerà contro di Te lo spirito della terra e lotterà con Te e Ti vincerà, e tutti lo seguiranno, esclamando: “Chi è comparabile, a questa bestia? Essa ci ha dato il fuoco del cielo!”. Sai Tu che passeranno i secoli e l’umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? “Nutrili e poi chiedi loro la virtù!”, ecco quello che scriveranno sulla bandiera che si leverà contro di Te e che abbatterà il Tuo tempio. Al posto del Tuo tempio sorgerà un nuovo edificio, sorgerà una nuova spaventosa torre di Babele, e, quand’anche essa restasse, come la prima, incompiuta, Tu avresti però potuto evitare questa nuova torre e abbreviare di mille anni le sofferenze degli uomini, giacché essi verranno a noi, dopo essersi arrovellati per mille anni intorno alla loro torre! Essi torneranno allora a cercarci sotto terra, nelle catacombe, dove ci nasconderemo (perché saremo di nuovi perseguitati e torturati), ci troveranno e ci grideranno: “Nutriteci, perché quelli che ci avevano promesso il fuoco del cielo non ce l’han dato”. E allora saremo noi a ultimare la loro torre, giacché la ultimerà chi li sfamerà e noi soli li sfameremo, in nome Tuo, facendo credere di farlo in nome Tuo. Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per dirci: “Riduceteci piuttosto in schiavitù ma sfamateci!”. Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. Tu promettevi loro il pane celeste, ma, lo ripeto ancora, può esso, agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente abietta, paragonarsi a quello terreno? E se migliaia e diecine di migliaia di esseri Ti seguiranno in nome del pane celeste, che sarà dei milioni e dei miliardi di esseri che non avranno la forza di posporre il pane terreno a quello celeste? O forse Ti sono care soltanto le diecine di migliaia di uomini grandi e forti, mentre i restanti milioni, numerosi come la sabbia del mare, di esseri deboli, che però Ti amano, non devono servire che da materiale per i grandi e per i forti? No, a noi sono cari anche i deboli. Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per diventar docili. Essi ci ammireranno e ci terranno in conto di dei per avere acconsentito, mettendoci alla loro testa, ad assumerci il carico di quella libertà che li aveva sbigottiti e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di esser liberi! Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo. Li inganneremo di nuovo, perché allora non Ti lasceremo più avvicinare a noi. E in quest’inganno starà la nostra sofferenza, poiché saremo costretti a mentire. Ecco ciò che significa quella domanda che Ti fu fatta nel deserto, ed ecco ciò che Tu ricusasti in nome della libertà, da Te collocata più in alto di tutto.
In quella domanda tuttavia si racchiudeva un grande segreto di questo mondo. Acconsentendo al miracolo dei pani, Tu avresti dato una risposta all’universale ed eterna ansia umana, dell’uomo singolo come dell’intera umanità: “Davanti a chi inchinarsi?”. Non c’è per l’uomo rimasto libero più assidua e più tormentosa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi. Ma l’uomo cerca di inchinarsi a ciò che già è incontestabile, tanto incontestabile, che tutti gli uomini ad un tempo siano disposti a venerarlo universalmente. Perché la preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell’uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme. E questo bisogno di comunione nell’adorazione è anche il più grande tormento di ogni singolo, come dell’intera umanità, fin dal principio dei secoli. È per ottenere quest’adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda. Essi hanno creato degli dei e si sono sfidati l’un l’altro: “Abbandonate i vostri dei e venite ad adorare i nostri, se no guai a voi e ai vostri dei!”. E così sarà fino alla fine del mondo, anche quando gli dei saranno scomparsi dalla terra: non importa, cadranno allora in ginocchio davanti agli idoli.
Tu conoscevi, Tu non potevi non conoscere questo fondamentale segreto della natura umana, ma Tu rifiutasti l’unica irrefragabile bandiera che Ti si offrisse per indurre tutti a inchinarsi senza discussione dinanzi a Te; la bandiera del pane terreno, e la rifiutasti in nome della libertà e del pane celeste. Guarda poi quel che hai fatto in seguito. E sempre in nome della libertà! Io Ti dico che non c’è per l’uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al piú presto a chi rimettere il dono della libertà con cui nasce questa infelice creatura. Ma dispone della libertà degli uomini solo chi ne acqueta la coscienza. Col pane Ti si dava una bandiera indiscutibile: l’uomo si inchina a chi gli dà il pane, giacché nulla è più indiscutibile del pane; ma, se qualcun altro accanto a Te si impadronirà nello stesso tempo della sua coscienza, oh, allora egli butterà via anche il Tuo pane e seguirà colui che avrà lusingato la sua coscienza. In questo Tu avevi ragione. Il segreto dell’esistenza umana infatti non sta soltanto nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza un concetto sicuro del fine per cui deve vivere, l’uomo non acconsentirà a vivere e si sopprimerà piuttosto che restare sulla terra, anche se intorno a lui non ci fossero che pani. Questo è giusto, ma che cosa è avvenuto? Invece di impadronirti della libertà degli uomini. Tu l’hai ancora accresciuta! Avevi forse dimenticato che la tranquillità e perfino la morte è all’uomo più cara della libera scelta fra il bene ed il male? Nulla è per l’uomo più seducente che la libertà della sua coscienza, ma nulla anche è più tormentoso. Ed ecco che, in luogo di saldi principi, per acquetare la coscienza umana una volta per sempre, Tu hai scelto tutto quello che c’è di più inconsueto, enigmatico e impreciso, hai scelto tutto quello che superava le forze degli uomini, e hai perciò agito come se Tu non li amassi per nulla, e chi mai ha fatto questo? Colui che era venuto a dare per essi la Sua vita! Invece d’impadronirti della libertà umana, Tu l’hai moltiplicata e hai per sempre gravato col peso dei suoi tormenti la vita morale dell’uomo. Tu volesti il libero amore dell’uomo, perché Ti seguisse liberamente, attratto e conquistato da Te. In luogo di seguire la salda legge antica, l’uomo doveva per l’avvenire decidere da sé liberamente, che cosa fosse bene che cosa fosse male, avendo dinanzi come guida la sola Tua immagine; ma non avevi Tu pensato che, se lo si fosse oppresso con un così terribile fardello come la libertà di scelta, egli avrebbe finito per respingere e contestare perfino la Tua immagine e la Tua verità? Essi esclameranno, alla fine, che la verità non è in Te, perché era impossibile abbandonarli fra ansie ed angosce maggiori di come Tu facesti, lasciando loro tante inquietudini e tanti insolubili problemi. In tal modo preparasti Tu stesso la rovina del Tuo regno, e non darne più la colpa a nessuno. Ma è questo intanto che Ti offriva? Ci sono sulla terra tre forze, tre sole forze capaci di vincere e conquistare per sempre la coscienza di questi deboli ribelli, per la felicità loro; queste forze sono: il miracolo, il mistero e l’autorità. Tu respingesti la prima, la seconda e la terza e desti così l’esempio. Lo spirito sapiente e terribile. Ti aveva posto sul culmine del tempio e Ti aveva detto: “Se vuoi sapere se Tu sei Figlio di Dio, gettati in basso, poiché di Lui è detto che gli angeli Lo sosterranno e Lo porteranno, ed Egli non cadrà e non si farà alcun male, e saprai allora se Tu sei il Figlio di Dio e proverai allora quale sia la Tua fede nel Padre Tuo”; ma Tu, udito ciò, respingesti l’offerta, non Ti lasciasti convincere e non Ti gettasti giú. Oh, certo, Tu agisti allora con una magnifica fierezza, come Iddio, ma gli uomini, questa debole razza di ribelli, sono essi forse dei? Oh, Tu comprendesti allora che, facendo un solo passo, un solo movimento per gettarti giù, avresti senz’altro tentato il Signore e perduto ogni fede in Lui, e Ti saresti sfracellato sulla terra che eri venuto a salvare, e si sarebbe rallegrato lo spirito sagace che Ti aveva tentato. Ma, ripeto, ce ne sono forse molti come Te? E in verità potevi Tu ammettere, non fosse che per un momento, che anche gli uomini avessero la forza di resistere a una simile tentazione? È forse fatta la natura umana per respingere il miracolo e, in così terribili momenti della vita, di fronte ai più terribili, fondamentali e angosciosi problemi dell’anima, rimettersi unicamente alla libera decisione del cuore? Oh, Tu sapevi che la Tua azione si sarebbe tramandata nei libri, avrebbe raggiunto la profondità dei tempi e gli ultimi confini della terra, e sperasti che, seguendo Te, anche l’uomo si sarebbe accontentato di Dio, senza bisogno di miracoli. Ma Tu non sapevi che, non appena l’uomo avesse ripudiato il miracolo, avrebbe subito ripudiato anche Dio, perché l’uomo cerca non tanto Dio quanto i miracoli. E siccome l’uomo non ha la forza di rinunziare al miracolo, così si creerà dei nuovi miracoli, suoi propri, e si inchinerà al prodigio di un mago, ai sortilegi di una fattucchiera, fosse egli anche cento volte ribelle, eretico ed ateo. Tu non scendesti dalla croce quando Ti si gridava, deridendoti e schernendoti: “Discendi dalla croce e crederemo che sei Tu”. Tu non scendesti, perché una volta di più non volesti asservire l’uomo col miracolo, e avevi sete di fede libera, non fondata sul prodigio. Avevi sete di un amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti alla potenza che l’ha per sempre riempito di terrore. Ma anche qui Tu giudicavi troppo altamente degli uomini, giacché, per quanto creati ribelli, essi sono certo degli schiavi. Vedi e giudica, son passati quindici secoli, guardali: chi hai Tu innalzato fino a Te? Ti giuro, l’uomo è stato creato più debole e più vile che Tu non credessi! Può egli forse compiere quel che puoi compiere Tu? Stimandolo tanto, Tu agisti come se avessi cessato di averne pietà, perché troppo pretendesti da lui, e chi ha fatto questo? Colui che lo amava più di se stesso! Stimandolo meno, avresti anche meno preteso da lui, e questo sarebbe stato più vicino all’amore, perché più leggera sarebbe stata la sua soma. Egli è debole e vile.”
Tratto da:”Il grande inquisitore”, F.M.Dostoevskij, con Il peso della libertà di Gerardo Colombo. Trad. Serena Vitale. Salani editore
Il 22 ottobre siamo entrati nel segno dello Scorpione. Segno d’acqua e fisso. La lenta morte del mondo organico diventa percettibile. La natura ha fatto la propria scelta. Le forme vitali mutano, tendono a tornare nel profondo della terra. Così ciò che era stato estenuato dal caldo arido del clima estivo, va nutrendosi in questa umida essenza autunnale. In questo segno opposto al terrestre Toro, vanno compiendosi le fasi dell’opera di trasmutazione alchemica, che si compie nel passaggio dai valori materiali a quelli spirituali. La distruzione dell’io lascia il passo a nuovi orizzonti, le forze sconosciute che dormono nel profondo dell’essere vengo rischiarate alla luce della coscienza che si fa spirituale consapevolezza.
Novembre è iniziato con il giorno dedicato alla morte. Negli ultimi anni di risveglio della mia consapevolezza, ho cominciato a percepire questo tempo come un momento di luce, di contatto con chi è passato alla vita luminosa dell’aldilà. Quest’anno la mia amata Zoe, una cagnolina pinscher che stava con me da quindici anni, mi ha fatto conoscere da vicino la morte, il passaggio. Per lei è stata una liberazione perché il suo istinto vitale l’aveva lasciata da un pò di giorni, per me una grande ennesima riflessione sul corpo, sulla malattia, sulla concretizzazione dei nostri stati d’animo in materia. Per anni io e Zoe ci siamo capite silenziosamente, lei mi ha insegnato con i suoi modi, i suoi passi dapprima veloci e via via negli anni sempre più lenti, la vita che muta e si evolve. Quando aveva sette anni ha subito l’incursione di ladri nella nostra casa. Il suo corpo prontamente ha trasformato in un tumore alla mammella il suo spavento. Ma la medicina ha detto che non c’è connessione tra i due eventi. Quando mia sorella si è ammalata, Zoe le è sempre stata vicina, appoggiata quando poteva alla sua gamba, e mi guardava chiedendomi di fare qualcosa. Quando non ha più visto le mie sorelle, che sono mancate sei anni fa, so che si chiedeva perché, ed era preoccupata quando non vedeva più qualche mia amica per mesi. Zoe ha sempre capito, compreso, non ha sopportato l’arrivo inaspettato di Dodo, un bassotto che è arrivato nella nostra famiglia. Adesso so che è felice perché ha compreso perchè Dodo doveva venire. Ora ha concluso il suo ciclo vitale, il nostro amore tornerà lo so un giorno ancora più forte nella carne, continua sempre nello spirito.
Due volte mille anni… ci siamo
“Credi che quella donna ti abbia ascoltato, Rabbuni?” … “Mi ha ascoltato, di questo puoi star certa, ma non per oggi. Per domani, per fra due volte mille anni. Non è poi così tanto lontano… solo un pò di nascite e un pò di morti da attraversare”. “E dopo?” “Dopo … Dovrete inventare una lingua nuova”
Tratto da:” Il libro segreto di Gesù”, D. Meurois, vol 2 ed. Amrita 2017
Dove ci si sente a casa
“Dove ci si sente a “casa”? Non in un luogo, in verità, ma nel nostro spazio interiore, quello spazio illimitato del cuore e della mente: era una percezione che avevo da sempre, fin da bambino, a poco a poco l’avevo esplorata, era diventata l’asse portante della mia realtà interiore. ”
Tratto da:” Il libro segreto di Gesù”, D. Meurois, vol. 1 ed. Amrita 2016
Il cerchio che ho tracciato
“Ecco… – dissi a coloro che erano con me. – In questo giorno trovo il caos nelle vostre menti … I vostri pensieri si disorganizzano, e addirittura dirigete la vostra collera contro l’Eterno. Credete forse che egli la riceva? Egli vi sorride…
Nulla mai si agita sulla superficie o nel profondo del Suo oceano: non un’onda , non un’increspatura, e tuttavia vi dico che la Sua presenza è ascolto e compassione soltanto.
Osservate il cerchio che ho tracciato: è ben più di un simbolo. Lo credete fisso, ma in verità esso indica il percorso di un punto che è al di fuori del tempo, è alla ricerca della propria origine e del perché di tutti i perché. E’ contemporaneamente il caos e il movimento organizzato… E’ nel caos da cui tutto sorge, è Ciò che precede la luce primordiale, è il Nulla che equivale al tutto e, per finire, è Ciò che vivete in questo preciso istante, e vi richiede una fiducia totale nella Provvidenza.
Tratto da:” Il libro segreto di Gesù”, D. Meurois, vol 2 ed. Amrita 2017
Oggi sotto la Mole
Ritratto di Ada di Akira Zakamoto
Il FuocoFisso
“Il FuocoFisso è una vibrazione costante che si può sentire anche nel corpo. La parola più simile che conosciamo oggi è Fede. Ma non la fede mentale del popolino, il credere in qualcuno o in qualcosa. Quella è la finta fede che causa i conflitti tra le fazioni degli addormentati. La Fede di cui io ti parlo è un sentire di essere accompagnati dalla Vita… Da Dio… in ogni istante della propria esistenza. E’ la certezza che niente è sbagliato, né in te né negli altri. Non è una convinzione intellettuale, ma un sentire della carne e nella carne. Si chiama Fisso perché grazie al lavoro su di te a un certo punto diviene stabile, diventa un centro di gravità permanente attorno al quale ruota tutta la tua vita. Un lutto, un licenziamento, un abbandono… lo turbano ma non lo spengono. Lo rendono più forte, lo ravvivano. Nei momenti difficili, quando la Fede in questo percorso vacilla, invoca il FuocoFisso dentro di te. Fatti pervadere dal suo calore.
E mentre parlava… lentamente… i suoi occhi pure restando fissi su di me guardavano oltre la mia figura, come se scrutassero un oggetto a migliaia di chilometri di distanza. Guardare quegli occhi vuoti di qualsiasi personalità divenne per me insopportabile. Abbassai lo sguardo mentre un Fuoco incontenibile invadeva il mio corpo, il silenzio fra di noi era inframezzato solo dal mio respiro affannoso. Era incontenibile: un fiume di compassione scorreva fisicamente nelle mie arterie. E a quel punto avvertii qualcosa che potrei descrivere solo come un sentirsi “protetti da Dio”.
Amore, Sicurezza, Protezione, Fede… tutto in un’unico abbraccio sottile. Ero avvolto nell’abbraccio della Vita. Sentivo la morte della paura di vivere. “
Tratto da: “ Il libro di Draco Daatson”, Savatore Brizzi. Antipodi edizioni, 2012
Quando ero piccola i miei genitori mi portavano a fare visita alla basilica del Santo a Padova, andavamo a vedere il presepio per le feste di Natale. Quando entravamo in chiesa, appena varcata la soglia la Grande Madonna con bambino era li ad attenderti, a guardarti immobile con il suo piccolo tra le braccia. E’ sempre stata li. Negli anni, mi sono allontanata da Padova poi vi sono ritornata, e lei era sempre li ad accogliermi. Nel miei ricordi di bambina quel volto era immenso, anche scuro dal tanto fumo che negli anni era salito. Adesso questa figura mi pare più piccola, l’hanno ripulita, sbiancata con un restauro forse un pò troppo invasivo. Su quel volto ho mediato tanto. E’ il ritratto della MADRE, di tutte le madri, del valore del loro AMORE. Anche un uomo può essere madre se sa amare sconfinatamente come una mamma, a una donna solitamente può venire più facile, ma non è detto. Per me quello è significato del Natale, una madre che ama un bambino, che si prende cura di lui, una sorta di assioma con la parola Amore. L’Amore è carburante, è propulsivo, è legame, è dedizione, passione, è quello che ci tiene vivi, sempre.
Quante volte ti ho visto
“Quante volte ti ho visto, ma solo nei momenti più impensati, quando avevo preso la strada “sbagliata”, quella che non pensavo avrei scelto, …solo quando mi sono lasciata andare. Quella volta che una voce dentro mi ha detto “buttati”. Li ti ho trovato sempre, sempre. In fondo ci sei sempre tu a quel sentiero inaspettato dei miei pensieri, dentro più dentro di me e fuori nella realtà che mi circonda, come se i due mondi improvvisamente combaciassero. Trovarti è devastante, ti conquista l’anima e il corpo. E da allora hai sempre desiderio del miracolo. Ma lui arriva col suo tempo, con la sua metodica. Ma arriva, sta sicuro che se ha trovato la strada una volta continuerà a tornare a te, perché è in Te.”