Riflessioni

Cento anni fa un’idea rivoluzionaria di maestro

Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima, negandone i nessi con la psicologia e con l’etica. L’educazione dev’essere intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così la propria autonomia. L’insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono fissare le fasi o prescrivere il metodo: «il metodo è il maestro», il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è alla base dell’educazione. Al maestro è richiesta una vasta cultura e null’altro, il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e ri-creazione. Il dualismo scolaro-maestro deve risolversi in unità attraverso la comune partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l’educatore verso l’educando e lo riassorbe nell’universalità dell’atto spirituale. «Il maestro è il sacerdote, l’interprete, il ministro dell’essere divino, dello spirito». Il maestro incarna lo spirito stesso, l’allievo deve allora entrare in sintonia nell’ascolto col maestro, proprio per partecipare anche lui dell’attuarsi dello spirito, per farsi libero ed autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi, facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.

Questi concetti ispirano la riforma scolastica del 1923, attuata da Gentile in veste di ministro della pubblica istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri.

Tratto da Wikipedia