Dello stesso autore

Louise Bourgeois on Mapplethorpe

Il potere dell’arte di esorcizzare i nostri demoni

«Non è un’immagine che cerco. Non un’idea. È un’emozione che voglio ricreare, l’emozione di volere, di dare e distruggere».

«Mi chiamo Louise Josephine Bourgeois. Sono nata il 24 Dicembre a Parigi. Tutto il mio lavoro degli ultimi cinquant’anni, tutti miei soggetti hanno tratto ispirazione dalla mia infanzia. La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma».

Louise Bourgeois è stata un artista solitaria, non legata alle mode, che ha seguito il suo percorso artistico con tenacia cercando attraverso l’arte di sopravvivere alle tensioni familiari, di poeticizzare i traumi dell’infanzia, di creare un dialogo interiore tra le sue vicende autobiografiche di cui le sue opere sono i simboli e lo spettatore che ne fruisce quasi in una reciproca catarsi.
«Un’opera può avere un’anima perché ha il potere magico di provocare una reazione nell’osservatore».
«Ho bisogno delle mie memorie. Sono i miei documenti. Li sorveglio con cura. Sono la mia intimità e ne sono immensamente gelosa».
I suoi genitori, Josephine Fauriaux e Louis Bourgeois restauravano arazzi. Il suo carattere orientato al rigore e all’ordine la orienta verso la facoltà di matematica, che abbandona dopo qualche tempo – sembrandole troppo teorica – per iscriversi all’Acadèmie des Beaux-Arts. In seguito frequenta l’Atelier di Fernand Léger, avvicinandosi alle poetiche surrealiste.
Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti con il marito, lo storico dell’arte Robert Goldwater. Qui frequenta l’ambiente artistico internazionale e in particolar modo Duchamp, Le Corbusier e A. Ozefant. Nel 1945 si tiene la sua prima mostra di pittura alla Berta Schaefer Gallery di New York e nel 1947 realizza una serie di nove incisioni dal titolo He disappeared Into complete silence.
Nel 1949 mostra i primi esempi delle sue opere tridimensionali alla Peridot Gallery, abbandonando la pittura per la scultura. «I disegni sono secondi alla scultura – afferma – perché non hanno il potere di esorcizzare i demoni».
Alla sua prima mostra personale, Louise Bourgeois presenta diciassette sculture di legno dipinte: rappresentano le persone che ha lasciato in Francia nel 1938: «Non lo avrei mai ammesso, ma la verità è che mi mancavano disperatamente». Inizia così, ricreando i propri cari – figure di legno che poi dispone le une vicine alle altre, di modo che intrattengano relazioni tra loro e con lo spazio in cui si trovano – la sua lunghissima carriera di scultrice, che mette al mondo le proprie creature. Nella sua vasta opera tutte le poetiche del Novecento sono avvicinate ed elaborate.
Nel 1951 diventa cittadina americana. Negli anni Cinquanta e Sessanta sperimenta un’infinità di materiali e di ipotesi, mette in discussione le leggi della geometria, distrugge e ricostruisce, leviga e cuce – «un cesello appuntito […] consente gli estremi della tenerezza e dell’aggressività». Affronta diversi materiali: gesso, cemento, caucciù, marmo e bronzo. Tra il 1960 e il 1964 realizza una serie di formazioni in gesso esposte alla Stable Gallery di New York dal titolo Lair. Nel 1968 realizza Fillette, (Ragazzina), la scultura sospesa che tiene sotto braccio nel bellissimo ritratto scattatole da Mapplethorpe quello stesso anno; nel 1974 realizza The Destruction of the Father, un’opera cruenta e significativa che dà il titolo a una sua raccolta di scritti. Usa pezzi di carne macellata – pezzi di agnello, pezzi di pollo – che immerge nel gesso e nel lattice per rappresentare un banchetto cannibale e vendicatore. La Bourgeois spiega: «più mio padre si pavoneggiava, più noi ci sentivamo insignificanti. Improvvisamente si creava una tensione terribile, e noi lo afferravamo – mio fratello, mia sorella, mia madre e io, […] lo trascinavamo sul tavolo e gli strappavamo le gambe e le braccia – lo smembravamo. […] Fantasie, ma talvolta la fantasia è vissuto». Torna in quest’opera l’eco delle vicende vissute in famiglia. L’amatissimo padre, infatti, stabilisce una relazione speciale con la tata assunta proprio per allevare Louise e i suoi fratelli. La madre, nerbo dell’attività familiare, fa finta di niente, portando avanti un ménage familiare doloroso, soprattutto per Louise che non perdonò mai suo padre per quella rottura dell’incanto infantile.
Finalmente, nel 1982, il MoMA di New York organizza una sua grande retrospettiva consacrando Louise in campo internazionale: è la prima personale che il museo abbia mai dedicato a una donna, e il numero e la natura delle opere esposte sono impressionanti. I temi delle sue sculture sono sempre gli stessi: l’infanzia in Francia, le amanti del padre, la madre e lei bambina impegnate nel restauro di arazzi antichi, le tecniche e i materiali, gli istinti distruttivi, la sublimazione, la paura, l’essere artista, il processo di creazione, lo specchio, il ragno, l’amore e l’erotismo. Sono nati così la Femme Maison un corpo metà donna e metà casa; Lairs ovvero le tane create per un assoluto isolamento; Cells, spazi racchiusi da rete di ferro, spazi visibili ma inaccessibili dove galleggiano letti; Spiders giganteschi ragni d’acciaio installati in diverse città come il centro Pompidou di Parigi e che la stessa artista paragona alla madre, perché il ragno è un animale che va a intrappolarsi negli angoli, dove trova sicurezza. Ma lei non è intrappolata, anzi, cerca di intrappolare gli altri. «Vengo da una famiglia in cui si riparavano i tessuti. Il ragno ripara la sua tela. Se tu distruggi la sua opera, il ragno si mette all’opera e la ricostruisce»; la serie dei tredici Handkechiefs ovvero fazzoletti che fanno parte del suo corredo personale e sono stati liricamente rivisitati con disegni, cuciture, applicazioni di piccoli oggetti.
Nel 1993 Louise Bourgeois riceve, insieme a B. Nauman, il Leone d’oro alla Biennale di Venezia. Nel 2000 ha tenuto un’importante mostra antologica al museo Ermitage di San Pietroburgo.
Nel 2010 Louise Bourgeois ci lascia. A noi piace ricordarla come la donna ritratta da Robert Mapplethorpe: un volto solcato di rughe, un sorriso spiritoso, occhi vivi e pungenti, in pelliccia e sottobraccio un grosso fallo di latex, una sua scultura. Una vera novità nell’arte.

tratto da: http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/louise-bourgeois/

Stupefacente

LOUISE BOURGEOIS une vie

Uomo con la coscienza risvegliata

“Non ti preoccupare” –rispose Akhenaton- “dopo tutto queste semplici verità si trovano già dentro ogni uomo. Analogamente, parlando del Fuoco potremmo collegare quello maschile all’aspetto Osirideo e quello femminile all’aspetto Isiaco, così abbiamo i due aspetti della manifestazione di Dio nell’uomo. Per farti capire più facilmente questo concetto ti farò un esempio: in te predomina l’aspetto maschile in quanto sei un uomo, però contemporaneamente nella tua interiorità possiedi l’aspetto femminile, ossia lunare passivo. Al contrario, nelle nostre sorelle le due polarità sono invertite: nel fisico predomina l’aspetto lunare femminile, mentre nella parte interiore quello solare maschile e attivo. Tutta questa simbologia viene rappresentata come il sole e la luna, il padre e la madre. Così, ogni uomo è un padre e una madre ed ogni donna è una madre e un padre. Allora comprendi che l’uomo e la donna sono uguali. La donna con l’intervento di un uomo crea un figlio in questo piano fisico; l’uomo con l’intervento di una donna crea, su un altro piano, un figlio di Luce che non è altro che Horus stesso, figlio di Osiride ed Iside. Questo è il grande Mistero sul quale sono state fondate tutte le religioni, ed è per questo che il simbolo del Mercurio Lunare è maschile e del Cinabro Rosso o Zolfo è solare e femminile. C’è anche un terzo elemento che si chiama Sale ed è il fissatore e il cristallizzatore della materia. Adesso con questi tre elementi si può iniziare a ricostruire l’Uomo con la coscienza risvegliata!”.

tratto da: http://www.kuthumadierks.com/pageopen.asp?r=racc&id=105

…non dalla ragione ma dall’anima.

“Ebbene, lei ha percepito esattamente quello che intendevo dire quando parlavo di rischiaramento della coscienza. Molto spesso sembra solo di capire qualcosa, ma una reale comprensione non c’è. Quando una catena di conclusioni logiche della mente si allinea in uno schema coerente e si trasforma in un modello, solo allora si ha la comprensione. Ma è solo un’illusione, un’interpretazione. L’autentica penetrazione nella sostanza delle cose si ha solo quando si diventa consapevoli. Ed è una cosa completamente diversa. A differenza della comprensione, la consapevolezza viene dal di dentro, non dalla ragione ma dall’anima. Proprio questa è la chiarezza che si trasforma poi in illuminazione, in fonte di ispirazione. ”

Tratto da :”Transurfing vivo”, Vadim Zeland,  Macro Edizioni, maggio 2012

Temporale sul lago

Il mio mondo non solo si occupa di me ma mi lusinga e mi vizia in modo impudente

“Personalmente, da un pò di tempo ritengo che il mio angelo sia lo strato del mio mondo. Se così ho deciso, significa che così è.  Non sono importanti le sembianze che l’angelo-custode assume, anche perchè, in sostanza, non ha alcuna sembianza. Il mio mondo, invece sì, di forme ne ha eccome! Il mio mondo non solo si occupa di me ma mi lusinga e mi vizia in modo impudente. Che cosa non fa per accontentarmi! E in più mi protegge. ”

Tratto da :”Transurfing vivo”, Vadim Zeland,  Macro Edizioni, maggio 2012

Invece quel pomeriggio dal cielo altissimo…

“Accadde che, a Parigi per un convegno, Marco Carrera si ritrovò a pensare a Luisa. Non che in quegli anni non ci avesse pensato, ci aveva pensato eccome, praticamente ogni giorno, ma si era sempre trattato di pensieri vaghi e rasseganti su ciò che avrebbe potuto essere e non era stato, estenuati dalla lontananza e ulteriormente illanguiditi ogni estate, in agosto, quando Luisa gli ricompariva davanti, a Bolgheri sulla spiaggia, col marito e i figlioletti -prima uno, poi due- lontana, ormai, lontana ogni anno di più dalla creatura che Marco aveva adorato nel periodo più tragico della sua vita. Invece quel pomeriggio dal cielo altissimo egli pensò a lei come a qualcosa di vicino, e di possibile, e le telefonò dall’Hotel Lutetia dove era alloggiato, durante una pausa del convegno. Fece uno dei suoi scongiuri romantici, che non funzionavano mai: se il numero non è più quello, o se non mi risponde, o se mi risponde ma non può vedermi, non la chiamerò mai più. Non funzionò,  perchè il numero era sempre quello, Luisa gli rispose al secondo squillo  e mezz’ora dopo entrava nel bar del Lutetia dove lui le aveva proposto di raggiungerlo -entusiasmante e intatta come se provenisse direttamente dal passato. Marco non la vedeva dall’agosto precedente, ma non ci parlava per davvero dai tempi in cui avevano smesso di scriversi, prima ancora che entrasse in scena Marina….Ma è vero che se una storia d’amore non finisce, o come in questo caso nemmeno comincia, essa continuerà a perseguitare  la vita dei protagonisti con il suo nulla di cose non dette, azioni non compiute, baci non dati: è vero sempre ma soprattutto fu vero per loro, poiché dopo quel pomeriggio, sulla passeggiata lungo Rue d’Assas e quell’innocente conversazione, Marco e Luisa ripresero a frequentarsi, che nel loro caso significò tornare a scriversi, spesso, appassionatamente, ottocentescamente, come era successo fino a dieci anni prima e dopo non più. E questo non era innocente, proprio per nulla, perchè ora erano entrambi sposati, avevano entrambi dei figli, dovevano mentire. ”

tratto da: “Il colibrì”, Sandro Veronesi, ed. La nave di Teseo. ottobre 2019, pg. 135, 136

All’ombra del colibrì

Non amo leggere romanzi, si può evincere dai brani delle mie letture di saggi che pubblico solamente quando ne vale assolutamente la pena, ma questo libro di Sandro Veronesi che ho iniziato nella pausa del fine settimana mi fa lo stesso effetto della lettura di “Caos Calmo” … mi dispiace consumarlo, lo mangerei avidamente come un fresco gelato estivo, ma lo centellino in questi giorni da quando l’ho acquistato, perchè non voglio terminarlo. Ne pubblicherò alcuni brani nei miei blog perchè … mi hanno colpita, mi hanno saziata come un saggio. 

Il Timo

La ghiandola del Timo

Il timo è la ghiandola dell’entusiasmo giovanile, del gioco e dello scherzo, della poesia e della fantasia; purtroppo tende ad atrofizzarsi dopo la pubertà, quando aumentano disciplina scolastica e lavorativa, responsabilità familiari e sociali. Una persona normale e sana e con il timo in ordine, resta spumeggiante a vita, sprizza gioia da ogni poro, è contentissima di stare al mondo, ha energia in sovrabbondanza, comunica freschezza ed ottimismo, è una persona radiosa. Eppure i medici non solo procedono alla rimozione disinvolta di tessuti ed organi, ma anche di tiroide e timo, cioè della  ghiandola dell’entusiasmo e della voglia di vivere.

Il timo è una ghiandola appartenente al sistema linfatico e, più in generale, a quello immunitario. Si tratta di un organo impari, localizzato nella parte alta del mediastino anteriore tra lo sterno ed i grossi vasi che escono dal cuore. L’attività e le dimensioni del timo raggiungono la loro massima espressione all’inizio del periodo adolescenziale, quando la ghiandola pesa circa 30-40 grammi. Dopo questo periodo il timo regredisce lentamente.

È una strana ironia che medici e ricercatori abbiano scoperto proprio nel significato della parola “timo” il profondo funzionamento di questa ghiandola. Sebbene tale parola derivi dal greco thymos, le sue radici vanno ancora più profonde. Andando indietro nel tempo, fino ai tempi di Socrate e Platone, troviamo che timo derivava dalla radice Indo_Europea dheu, che è alla base di una larga varietà di significati derivati, come “alzarsi in fiamme“, “sollevarsi in una nuvola“, “fumarare”

Nel secondo secolo Galeno chiamò “timo” quella ghiandola bilobata, rosa-grigiastra, situata nella parte alta del torace perché, racconta la leggenda, gli ricordava una mazzetto di timo. Ma lo stesso timo aveva preso tale nome perché veniva bruciato come incenso sugli altari degli dei. Pertanto la parola timo ricorda l’alzarsi del fumo; il bruciare dell’incenso come sacrificio innalzato verso gli dei.

Secondo gli antichi Saggi, quando in noi nascono l’aspirazione spirituale, il canto di ringraziamento e l’esternazione di amore, ciò avviene in un punto situato sopra il cuore, il nostro “altare interiore”. Pertanto, per loro, il timo rappresentava anche il respiro dell’anima, dal quale dipende l’energia dell’uomo e il suo coraggio.

L’importanza del timo

Fino al 1950 il funzionamento del timo era poco conosciuto, anche se già nel 1902 il dott. Foulerton, a Londra, usava l’estratto di timo nel trattamento dei cancri. Malgrado ciò, l’insegnamento standard ha sempre sostenuto che il timo non ha alcuna funzione nella persona adulta. Questa conclusione nasce dal fatto che, nell’autopsia di una persona adulta, il timo viene generalmente trovato piuttosto piccolo e atrofizzato. Ma questa condizione della ghiandola è dovuta al fatto che, a fronte di un grande stress quale può essere un’infezione, il timo può rimpicciolire fino alla metà del suo volume in ventiquattr’ore. Pertanto non c’è da meravigliarsi se lo si trova atrofizzato quando viene esaminato in una persona defunta.

Va anche notato come il timo si atrofizzi drammaticamente in una persona che è sottoposta ad un forte stress. Dopo alcuni giorni di una seria ingiuria o improvvisa malattia, milione di linfociti sono distrutti ed il timo arriva a restringersi fino ad essere la metà del suo volume iniziale. Questo fa parte della reazione generale allo stress descritta da Hans Selye. (Stress without distress, New York, J.B.Lippincott Company, 1974).

Durante gli ultimi vent’anni si sono accumulate varie evidenze scientifiche ed oggi il timo viene visto come una ghiandola molto importante nella difesa immunitaria. Il suo ruolo è così importante che ci è difficile credere che qualcuno, ancor oggi, continui a credere che nella persona adulta il timo non abbia alcuna funzione.

La funzione del timo è di portare a maturazione vari tipi di linfociti, finalizzandoli a distruggere i patogeni intracellulari. Queste cellule, prodotte dal midollo osseo in forma di precursori immaturi, subiscono una serie di trasformazioni diventando dapprima timociti e poi linfociti T (da Timo). La loro attività sta alla base dell’immunità cellulo-mediata, vale a dire di quel processo per cui l’organismo riconosce e distrugge le cellule infette risparmiando quelle sane. Una volta “addestrati”, i linfociti T non rimangono nel timo, ma migrano verso altri organi linfatici periferici (linfonodi, milza, tonsille ecc.) dove si moltiplicano per svolgere a pieno la loro mansione difensiva.

Quanto il timo sia importante viene dimostrato quando, in un uomo o un animale, viene rimosso oppure viene distrutto. In queste condizione si riscontra un’immediata perdita di efficienza del sistema immunitario, specialmente per ciò che riguarda la protezione dalle infezioni e la rimozione delle cellule tumorali. Se, per esempio, in un giovane topo a cui è stato rimosso il timo, vengono iniettate delle cellule cancerogene, il cancro si svilupperà e il topo morirà. Se invece il timo fosse stato intatto il tumore sarebbe stato riconosciuto come un nemico e sarebbe stato eliminato.

La ghiandola del timo produce anche ormoni che agiscono in particolare sullo sviluppo di scheletro e muscolatura, sul cuore e sui vasi sanguigni, sull’apparato genitale, e su altre ghiandole endocrine, tra cui la tiroide.

Il suo volume sembra variare notevolmente in funzione dell’età: continua ad aumentare fino alla pubertà (quando pesa circa 30-40 grammi), quindi inizia un processo involutivo durante il quale la massa ghiandolare viene lentamente sostituita da tessuto adiposo, anche se non scompare mai completamente. Nell’anziano pesa 7 grammi.

Timo, mente e stress

La ghiandola timo controlla e regola il flusso di energia nel nostro organismo, ed è in grado di iniziare una correzione istantanea per riequilibrare eventuali squilibri e riportare armonia e normalità al flusso energetico. Il timo può perciò essere considerato come l’anello di congiunzione tra mente e corpo, in quanto è il primo organo fisico ad essere influenzato dall’attitudine mentale e dallo stress.

La prima risposta che il corpo offre ad una condizione stressante è la restrizione della ghiandola timo. Ma ancora prima che appaia questo questa risposta fisica, si assiste ad un’immediata riduzione dell’energia vitale. Lo stesso timo, quando viene misurata con la chinesiologia, risulta assai debole. E quando lo stress viene rimosso il timo risulta forte nuovamente.

Quando si possiede un timo sano ed attivo si dispone anche di molta energia e benessere generale. Siccome molte disfunzioni e malattia nascono proprio a livello energetico, è il caso di dare al timo l’importanza che si merita.

Ogni volta che si presenta uno sbilanciamento emozionale, uno squilibrio energetico o qualche malattia, possiamo invariabilmente trovare il timo indebolito. Se noi attiviamo questa ghiandola otterremo subito un miglioramento nel flusso energetico. E questa energia opererà in modo positivo per aiutare il soggetto verso la guarigione.

Timo e Meridiani energetici

L’Agopuntura ci insegna che ci sono 14 meridiani nei quali scorre l’energia vitale chiamata “Ci” o “Ki”. Nel tempo si è notato come il flusso energetico in questi meridiani sia sotto il controllo del timo, e come il medesimo sia fortemente influenzato dalle emozioni come l’amore, l’odio e la paura.

Ogni malattia inizia come un problema a livello energetico, un problema che può esistere per molti anni prima di manifestarsi nel corpo fisico. Compare come una riduzione generale dell’energia corporea che, nel tempo, conduce ad uno squilibrio energetico in qualche parte del corpo. Se noi fossimo in grado di essere consapevoli di questo sbilanciamento energetico, già al primo insorgere, avremmo molto tempo per correggerlo. E queste azioni sarebbero davvero definibili come “medicina preventiva”.

Il timo riflette pure la volontà di guarire

Ogni qualvolta il nostro timo è debole significa anche che non abbiamo sufficiente volontà per guarire. Infatti la nostra energia vitale non è abbastanza alta per poter promuovere i vari processi che conducono alla guarigione.

Dovrebbe apparire chiaro come questa scoperta rivesta un grande valore nella pratica clinica. In effetti, il primo traguardo che si dovrebbe porre qualsiasi medico o terapeuta, è quello di attivare la volontà del paziente di essere sano e guarito. Se questo non verrà fatto, allora tutto ciò che si riuscirà a fare, ed è ciò che la medicina sembra che riesca a fare attualmente, è produrre una società di morti viventi.

I magnifici progressi fatti della medicina moderna stanno, infatti mantenendo le persone in vita, ma esse non hanno vita dentro di loro; non hanno vitalità. Esse si muovono, respirano, ma non sono realmente vive. Questo succede perché non abbiamo ancora capito che il potere guaritore viene dal profondo di noi stessi.

È pur vero che i medicinali hanno valore, però ne hanno tanto di più quando sono usati in congiunzione con qualcosa che attiva l’energia vitale del paziente. Questo è per il motivo per cui sono convinto che il primo trattamento che si dovrebbe fare, è quello di attivare la volontà del paziente, e se riusciamo ad attivare il suo timo potremo raggiungere lo scopo più facilmente.

Quando si riesce ad attivare il timo di un malato, si possono assistere a dei miglioramenti veramente stupefacenti. Noi dovremmo sempre partire dal presupposto che la vera medicina è il potere dell’energia vitale dentro di noi, in altre parole la nostra volontà di essere sani e guariti.

“Nella mia pratica clinica, ho avuto modo di vedere molte volte quanta differenza può fare la presenza o l’assenza di tale volontà. Ricordo due pazienti che erano a letto, uno accanto all’altro. Entrambi erano paraplegici a causa di un incidente automobilistico e tutti e due svilupparono la stessa infezione. Ad ognuno di essi fu dato lo stesso tipo di antibiotico, in una settimana uno era guarito e l’altro era morto. Chiesi allora a un infermiere quale fosse la differenza tra i due, egli scosse la testa e disse che fa parte della normalità che alcuni guariscano ed altri no. Egli non sapeva, così come non lo sapevo neppure io, che la differenza va cercata nel fatto che alcune pazienti hanno la volontà di guarire ed altri no.” (Life energy, p. 21)

Come aiutare il processo di guarigione

La prima cosa che dovremo cercare di raggiungere è riconoscere quello specifico stato emozionale che sta rubando energia vitale ed abbassa il livello funzionale del timo. E dobbiamo anche riconoscere che una bassa funzionalità del timo rende difficile la soluzione dei problemi in quanto può influenzare negativamente il flusso del Chi nei Meridiani energetici, rendendo così più difficile il funzionamento e la guarigione degli organi interni.

Se correggeremo queste condizioni emozionali sul nascere, resteremo sani. Se non ce ne prenderemo cura, entreremo in una condizione che può anche essere considerata normale, ma in effetti è molto lontana da esserlo. Una condizione che ci porterà da malattia a malattia, da operazione a operazione, ad una vita breve, non vissuta perché non produttiva e non creativa, nonché devastata dalle malattie. Tutto ciò non è affatto normale e non è quanto è stato inteso per noi. La nostra eredità prevede infatti una lunga vita, sana, felice, produttiva e creativa.”

 

tratto da: La Ghiandola Timo: Sorgente di Vita e di Volontà. https://www.dionidream.com/la-ghiandola-timo-sorgente-di-vita-e-di-volonta/

 

Fare …. non c’è provare

Una Venezia di smeraldo

foto di Isabella Renzulli

Lada=Armonia

“Dunque, il tempo atmosferico nella vostra realtà attuale è determinato dal vostro stato. Qui abbiamo in mente non solo lo stato di cui abbiamo recentemente discusso, ma anche la disposizione del vostro spirito, così come la vostra disponibilità verso l’intero ambiente circostante. Il vostro stato in particolare e lo stato della realtà in generale possono essere definiti con un’unico termine: Lada. Questa parola ha molti significati. Lada è prima di tutto armonia: tutto andrà per il meglio e si svilupperà con massima armonia. Lada è anche piacere e delizia (uslada). Ladit’ significa vivere in pace e armonia. Lada è quando nel mondo regna la pace, l’ordine e la prosperità, quando tutto va bene. Lada è anche la persona amata. Se amate la vita, la vita sarà per voi Lada. Se vi amate otterrete delizia (uslada). E se invece non vi amate, fate Lada e vi amerete. … Il piacere è la prima cosa che le persone cercano e infatti vengono attratte da chi irradia questo piacere. In generale tutti sono attratti da Lada. E cosa ancora è attratto dalla Lada? La realtà! Anch’essa la ama e diventa mite vicino alle persone e per le persone che irradiano la Lada. Invece l’insoddisfazione, l’irritazione, la malevolenza e altre manifestazioni analoghe, al contrario, respingono le persone e turbano la realtà. Di qui a quale conclusione vogliamo arrivare? A questa: cercate di permanere in uno stato di Lada. Cercate il piacere in ogni inezia e lo troverete. Organizzate momenti di festa per qualsiasi occasione e otterrete la festa. Create un’atmosfera feconda e leggera dentro di voi e intorno a voi. Già solo un atteggiamento benevolo nei confronti delle persone le renderà ben disposte verso di voi. Mentre un atteggiamento benevolo verso la vostra realtà, qualunque essa sia, renderà bendisposta verso di voi la realtà stessa. Create un’atmosfera favorevole intenzionalmente. Createvi una tale abitudine. Questa è probabilmente l’abitudine più utile tra quelle che abbiamo studiato finora.”

tratto da: “Tafti la Sacerdotessa”, Vadim Zeland, Om edizioni gennaio 2019

Scalmo con germano che prende i volo

scalmo dipinto di Ignazio Pinton

scalmo

s. m. [lat. scalmus, dal gr. σκαλμός, der. del tema di σκάλλω «scavare»]. – 1.Ciascuna delle caviglie di legno o di ferro fissate alla falchetta di un’imbarcazione, alle quali si lega, con uno stroppo, il remo, che ne è pertanto sostenuto e può muoversi durante la voga; in partic., s. doppio, quello, ora non più usato, costituito da due caviglie, fra le quali gioca il remo senza stroppo. Per le imbarcazioni da regata chiamate fuori scalmo, v. fuoriscalmo. 2. Nella costruzione navale in legno, ciascuno degli elementi delle coste (prolungamenti laterali, a dritta e a sinistra, dei madieri), generalmente disposti in due strati, a elementi alternati, che combaciano nel piano trasversale dell’ordinata (sistema inglese) o ne sono leggermente distanziati (sistema francese).

tratto dal vocabolario on line Treccani

Il punto dove appoggiamo ogni sforzo

“ Il ritorno a piedi verso l’Arsenale, rappresentò per il giovane Zane un importante   momento di riflessione su quello che lo avrebbe aspettato nel futuro. Considerò come avrebbe dovuto sostenere sua madre e spronarla ad accettare la scomparsa del marito. Era diventato lui,  il maschio di terza generazione degli Zane, il primo sostegno ai nonni e alle incombenze che avrebbero dovuto  essere svolte nei confronti della loro famiglia di Mazzorbetto.  Giunto all’Arsenale, dopo un rapido saluto alla zia Isabella, che fu molto contenta di riabbracciarlo, decise di recuperare il sandolo di suo padre. Lasciato detto di salutare suo zio Pietro, che in quel momento era impegnato, si diresse deciso verso l’imbarcadero che Alvise utilizzava per il ricovero del suo sandolo. L’emozione che lo invase quando riuscì a salire, sulla barca che aveva accompagnato suo padre, ogni mattina da Mazzorbetto all’Arsenale, gli procurò un profondo vuoto. Si avvicinò allo scalmo e gli venne spontaneo ripetere un gesto che aveva visto fare da suo padre ogni volta che saliva sul suo sandolo. Accarezzò la testa dello scalmo e con le dita fece una carezza al germano reale che suo padre aveva dipinto sulla gamba della forcola. Nonostante fosse salito mille volte sopra quella barca, non aveva mai prestato molta attenzione a quel dipinto a olio che Alvise, quasi con devozione, aveva voluto fare sul sostegno dove poggiava il remo. Con un interesse nuovo e con la considerazione che meritava l’osservazione di quello scalmo, Jacopo si accovacciò sul fondo della barca, e rimase concentrato a studiare il fregio colorato che suo padre aveva voluto figurare e personificare sul suo sandolo.  La prima cosa che gli fu subito evidente riguardò il colore dorato che Alvise aveva dato all’intero scalmo, come volesse farlo diventare un tutt’uno con la colorazione aurea che la laguna nord prende al tramonto.  Il germano reale raffigurato, con i suoi caratteristi colori lucidi verdi e blu sulla testa e le sfumature bruno rossastre del petto, si stava alzando dalla laguna tra lo sbattere distintivo delle ali che riverberavano i colori dell’anatra, tra una miriade di schizzi di acqua, sulla superficie della laguna.  Il tutto richiamava una immagine di libertà e di bellezza che solo il particolare mondo lacustre riesce a regalare.  Turbato e colpito dalla figurazione che il padre era riuscito  ad esprimere, slegò il sandolo e lo indirizzò verso l’uscita del rio dell’Arsenale.  Con una forza che non aveva mai conosciuto, Jacopo si trovò a remare, con impeto, sul percorso che suo padre, ogni mattina e ogni sera, ripeteva. Passò davanti all’isola delle Vignole, puntando verso l’isola di San Giacomo in Paludo. Quasi a sfogare il suo dolore, Jacopo vogava con una furia assurda. A interrompere il suo andare selvaggio, ci pensò la voce possente di Fra Narciso che lo invitò a sostare nella sua isola e a dirigersi verso la cavana di San Giacomo in Paludo. Quando scese dal sandolo, Jacopo si ritrovò tra le braccia dell’amico frate e non riuscì a contenere le lacrime che lo stavano opprimendo sin dalla partenza dall’Arsenale. …E’ evidente, come mi hai ricordato, che il dipinto che fregia lo scalmo di tuo padre, come hai giustamente interpretato, rappresenta la firma sull’eredità che Alvise ti ha voluto lasciare per attestare  che, in ogni uomo, devono esistere sentimenti di amore per le bellezze che la natura ci riserva. Non ti devi dimenticare che lo scalmo, per noi lagunari, è il punto dove appoggiamo ogni sforzo che ci permette di muoverci, lavorare e quindi di vivere.”

tratto da: ” Lo scalmo della vita”, di Ignazio Pinton, ed. Battello Stampatore, dic.2019