Dello stesso autore

Novarmonia nasce da una riflessione quotidiana sulla vita, una sorta di diario intimo delle mie letture e delle mie riflessioni.  Brani scelti, film, musiche si susseguono dando vita a un discorso profondo sul senso delle cose. Si contrappone agli altri miei diari, quello rosa e quello dedicato alla moda e alla casa. Personali sguardi sul mondo.

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Rosa selvatica

COME UN SEGNALE STRADALE

…io vi indico semplicemente la direzione. Il cartello non è assolutamente importante, è importante il viaggio. Chi vi parla non è un guru, non è un’autorità, non è una guida. Ciascuno deve intraprendere il viaggio interiore da solo, non come reazione per allontanarsi dalle cose esterne, ma come inevitabile processo del cercare di comprendere.” Jiddu Krishnamurti

Jiddu Krishnamurti

JIDDU KRISHNAMURTI

La verità è una terra senza sentiero

Jiddu Krishnamurti è nato l’11 maggio 1895 a Madanapalle, una piccola città nel sud dell’India. Un aspetto molto importante della sua biografia è il fatto di essere stato adottato da ragazzo, insieme al fratello, da Annie Besant, allora presidente della Società Teosofica. Besant e altri di quell’organizzazione ritenevano che Krishnamurti sarebbe stato un insegnante del mondo di cui i teosofi avevano predetto l’avvento. Per preparare il mondo a tale venuta, venne creata un’organizzazione mondiale ad hoc, chiamata l’Ordine della Stella in Oriente, con a capo lo stesso Krishnamurti, allora ancora giovane.

Nel 1929 Krishnamurti rinunciò a tale ruolo, sciolse l’Ordine – che nel frattempo aveva acquisito un enorme seguito – e restituì tutto il denaro e le proprietà che erano state donate all’organizzazione. Rinunciò anche al ruolo di figura di riferimento dei teosofi e tagliò tutti i legami con qualsiasi nozione di organizzazione religiosa o spirituale. La seguente affermazione di Krishnamurti spiega bene il pensiero dietro tale atteggiamento: “La verità è una terra senza sentiero: l’uomo non può raggiungerlo attraverso alcuna organizzazione, attraverso alcun credo, attraverso alcun dogma, sacerdote o rituale, non attraverso alcuna conoscenza filosofica o tecnica psicologica. Deve trovarla attraverso lo specchio della relazione, attraverso la comprensione dei contenuti della propria mente, attraverso l’osservazione e non attraverso l’analisi intellettuale o la dissezione introspettiva. ”

Per tutto il resto della sua lunga vita, ha cercato di porsi non tanto come autorità spirituale, quanto piuttosto come investigatore, che indaga sulle questioni fondamentali della vita mettendone in discussione tutti i presupposti e sfidando i propri ascoltatori a fare lo stesso.

È stato stimato che Krishnamurti, nel corso della sua vita, abbia prodotto 100 milioni di parole, nel corso di 60 anni di apparizioni più o meno ininterrotte in tutto il mondo. Alla sua morte avvenuta nel 1986 all’età di 91 anni, diede indicazione di diffondere in tutto il mondo il suo corpus di opere non interpretate e autentiche

tratto da: https://zeninthecity.org/krishnamurti/

Kabir

Kabīr o Kabir (1440 circa – 1518 circa) è stato un mistico e poeta indiano. È tra i mistici medievali più celebri dell’India, anche solo per il fatto di essere egualmente venerato sia dagli hindū che dai musulmani. La sua famiglia – appartenente all’umile casta dei tessitori – era quasi certamente musulmana, ma aperta anche all’influenza dei Nātha, una tradizione yogica diffusa in tutta l’India settentrionale. Ma l’effettivo credo religioso di Kabīr resta un mistero, poiché in alcune sue opere afferma di essere hindū, in altre un musulmano e in altre ancora né l’uno né l’altro.

La leggenda narra che – dopo il perenne peregrinare durato tutta la vita, giunto forse all’età centenaria – scelse di morire a Maghar, piccolo e povero villaggio nei pressi di Gorakhpur, nell’India nordorientale. Secondo le credenze locali chi moriva a Vārāṇasī (che era la sua città natale) guadagnava una certa rinascita favorevole nei paradisi divini; viceversa, morire a Maghar, significava un altrettanto certa rinascita nella forma di un asino. E lì scelse di finire i suoi giorni Kabīr, rifiutando la facile rinascita nel mondo divino. Quando il santo stava per morire, due fazioni opposte di hindū e di musulmani convergevano armate verso Maghar per rivendicarne le spoglie: i primi per cremarle, i secondi per tumularle. Così Kabīr decise di ritirarsi in una tenda da dove scomparve. Gli hindū e i musulmani lì convenuti trovarono solo un mazzo di fiori, che fu egualmente diviso tra le fazioni: i musulmani tumularono la loro parte e sui resti eressero un monumento islamico.  La stessa cosa fecero gli hindū, che invece li bruciarono e dispersero nel fiume Gange, costruendo sopra il luogo della cremazione un samādhi, una tomba commemorativa della loro religione.

Kabīr rifiutava qualsivoglia religione “rivelata”, negando decisamente autorità religiosa sia al Corano che ai Veda. Questo lo rende molto vicino a molto maestri spirituali contemporanei  – si pensi specie a Krishnamurti, ma anche a Osho o Eckhart Tolle – e probabilmente spiega la sua popolarità anche nei nostri giorni.

La riscoperta in tempi moderni di Kabīr si deve a un altro grande poeta indiano, Rabindranath Tagore (1861-1941). Ma è da attribuire a un altro grande poeta, Ezra Pound (1885-1972), il risveglio di attenzione che la poesia del grande poeta mistico indiano ha ottenuto in Occidente a partire dai primi anni del Novecento, e cioè quando proprio Pound tradusse e pubblicò tredici sue poesie.

tratto da:https://zeninthecity.org/poesia-meditazione/kabir-difficolta-una-delle-piu-belle-poesie-del-grande-mistico-e-poeta-indiano/

La liana

“Dice Kabir: la mia ansia d’incontrare il Signore cresce aggrovigliata come una liana: può spezzarsi nel corso della sua avanzata lungo la parete, ma l’idea di potersi recidere non esiste in lei.”

“Dice Kabir: lascia che la liana nel tuo corpo si ramifichi vigorosa, abbarbicata la tronco poderoso del nome di Hari (Signore)”.

versi del poeta dell’India del Nord Kabir (1440-1518) tratto da: “Mistici indiani medievali”, a cura di L.P.Mishra, UTET, Torino 1971, pg. 278

Energia dell’Ariete

E’ l’inizio, la manifestazione. In questo momento dell’anno la primavera va sostituendosi lentamente all’inverno. La linfa fin d’ora trattenuta dai rigori invernali è pronta ad esplodere nell’esuberanza della nuova stagione. La Creazione si compie nuovamente. Il Sole entra nella costellazione dell’Ariete. Lo schiudersi dei semi, fino ad ora trattenuti dalla Terra dal rigore invernale, ha l’impeto del primo segno dello zodiaco,rompe con determinazione ogni legame che lo costringa. L’Ariete è il primo segno zodiacale che oltrepassando la porta dell’equinozio di primavera entra con tutta la sua forza nella sequenza delle dodici energie dell’anno. Il principio alchemico è quello del Fuoco e l’essenza archetipica è quella della Volontà creativa. Questa vibrazione manifesta l’impulso creatore che brucia, la visione interiore che cerca di realizzarsi, indipendentemente dalle circostanze che la vedono protagonista. L’opportunità di vivere questo stato va equilibrata attraverso il senso di rispetto per l’altro, avendo sempre ben presente il bene comune. E’ l’energia della Bilancia, segno opposto nello zodiaco al focoso Ariete, ad insegnare e riarmonizzare trovando un equilibrio tra la propria visione e quella dei suoi simili. Quale opportunità trascorrere questi giorni in questa dimensione consapevole. Trarre fiducia e coraggio dalla trasformazione che viene da questo tempo.

Una delle possibilità

14. (1934)  “Il malcontento, la tristezza delle persone dipendono essenzialmente dal non essere esse capaci di pervenire a una espressione massima o totale della loro personalità. Quando un uomo arriva alla completa e libera manifestazione del suo essere, cioè ad esaurire tutte le possibilità che esso contiene, allora soltanto ha il sentimento di avere compiuto tutto il suo dovere, il suo unico e massimo dovere, e con questo ottiene la pace del suo spirito. Perciò gli uomini sono sempre e così oscuramente irritati contro tutto ciò che impedisce loro la perfezione (il cosiddetto paradiso); contro i casi o le persone, contro la vita stessa, varia e diversa, che è in loro, e infine, e quasi sempre, contro se stessi. L’uomo si irrita sempre contro tutto ciò che riflette od amplifica quella immagine del suo sé imperfetto, che esso si sente di essere. Ma può l’uomo esaurire tutte le possibilità che sono in lui?  Sa egli soltanto quante possibilità sono in lui? Pure sarebbe sufficiente che egli esaurisse veramente una delle sue possibilità, degli infiniti mondi possibili che egli, come il Dio di Leibniz, può creare, perché con ciò egli fosse veramente perfetto, perché egli avesse esaurite in quell’atto stesso tutte le possibilità e tutti mondi. “

Tratto da: “Il Dio negativo” Scritti teoretici 1925-1981, Andrea Emo, Saggi Marsilio  ed. 1989

L’eterna presenza di cui il tempo è soltanto una forma

“Non devo pensare soltanto a ciò che sarò tra pochi anni (cioè un uomo morto, ma ancora da taluno ricordato), ma  a ciò che sarò tra alcuni  miliardi di miliardi di anni, quando non esisterà più né la terra né il sistema solare. Che cosa sarò in quel lontano remoto futuro? Sarò il medesimo, sarò ciò che sono ora; sarò l’attualità che mi é e che mi vive, che vive in me; l’eterna presenza di cui il tempo è soltanto una forma; la forma negativa della presenza; la presenza è assolutamente negativa. Una forma negativa a cui noi tentiamo di dare un’ obiettività. Ma che non può essere obbiettiva. “

Tratto dal Quaderno 205, 1959 Verso la notte e le sue ignote costellazioni. Scritti sulla polite sulla storia.”, Andrea Emo, ed. Gallucci

L’energia dei Pesci

Dal 20 febbraio entriamo nel dodicesimo e ultimo segno della ruota zodiacale: i Pesci. E’ la fine dell’anno cosmico. Cadono le ultime nevi e l’aria si fa meno fredda. Le piogge lavano la terra portando via tutto quello che la fase invernale aveva accumulato. La Natura esaurisce così l’ultima fase dell’inverno. L’energia che si alterna è quella del dissolvimento e quella della rinascita. Nel simbolo del segno due pesci puntano uno alla profondità delle acque e uno al cielo, verso la luce, collegati tra loro da una corda rossa. Questo movimento è eterno e instancabilmente perpetuato nella fede della sua ragion d’essere. Le paure terrorizzanti delle profondità che dobbiamo attraversare vengono naturalmente scalzate in un’alternanza naturale, così come la luce prende il posto del buio, dell’ombra che temiamo. La fede nell’invisibile, nella legge profonda che governa gli eventi della vita, ci regala la speranza nella rinascita, dopo un’inverno scuro e apparentemente senza vita. Il segno dei Pesci ha caratterizzato l’energia di questi ultimi duemila anni e il Cristo che porta la luce nell’estremo sacrificio di sé ne è l’emblema totale. Paradossalmente questa ricerca ha portato a un’immersione totale nelle forze terrene fino ad arrivare al realizzarsi di un materialismo assoluto. Tutto si è compiuto perché si abbia la coscienza che nulla di ciò che è avvenuto in questi ultimi duemila anni dovrà più accadere. La nuova era avrà il timbro dell’energia dell’Acquario, l’uomo dopo essersi conosciuto, tenderà finalmente ad essere, a compiersi.

Lo stato di prima

Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d’oro.  Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie.  A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli.

Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

Tratto dal libro di Giobbe

Tutto ha il suo momento

Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato.
Un tempo per uccidere e un tempo per curare,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per fare lutto e un tempo per danzare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per conservare e un tempo per buttar via.
Un tempo per strappare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Che guadagno ha chi si dà da fare con fatica?
Ho considerato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino. Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine.

tratto dal al “libro del Qoèlet” Ecclesiaste (Qo 3,1–11)

25.

Qualcosa di perfetto, senza forma esisteva

prima che nascesse l’universo.

Sereno. Vuoto.

Solitario. Immutabile.

Infinito. Eternamente presente.

E’ la Madre dell’universo.

In mancanza di un nome migliore,

la chiamerò Tao.

La chiamerò grande;

Grande significa senza confini;

senza limiti scorre eternamente;

sempre scorre e sempre ritorna.

Perciò, la Via è grande.

La terra è grande.

L’essere umano è grande.

Per conoscere l’umanità,

comprendete la terra

Per conoscere la terra

comprendete il cielo.

Per conoscere il cielo,

comprendete la Via.

per conoscere la Via,

comprendete la grandezza che è dentro di voi.

tratto da:”La saggezza del Tao.” di Wayne W Dyer. ed Corbaccio 2007

L’energia dell’ Acquario

Inizia il 21 gennaio la seconda fase dell’inverno. Nel mondo della Natura, i semi piantati in autunno espandono ora le loro radici attivando un processo di totale integrazione con la terra. Entriamo nel segno dell’Acquario. Il suo simbolo è un portatore d’acqua, intento a versare da un’anfora il liquido mistico, che simboleggia la luce e il dono di sé. L’Aquario, dominato da Urano, scioglie le rigidità, e permette che avvenga, attraverso un processo di illuminazione della coscienza, il superamento dell’Io che si era manifestato nel segno del Leone, suo opposto nella ruota zodiacale. Le energie maschili e quelle femminili si uniscono in una sorta di equilibrio alchemico che in questa fusione riportano l’uomo alla sua funzione divina. Dall’essere isolato e separato si passa alla consapevolezza dell’identità personale intesa come rispetto del bene comune, dell’armonia riconquistata fra microcosmo e macrocosmo. L’Acquario, segno d’Aria, per la sua caratteristica espansiva e allo stesso tempo cosciente ispira la nuova Era che è alle porte. In lui si compie il superamento attivo dei vecchi dogmi dell’autorità dando inizio alla risposta fattiva ai bisogni dell’uomo, nella manifestazione completa del concetto universale di amore.

Il giorno del solstizio d’inverno il fiore è diventato una stella

Ritorno

” Camminando ieri con il mio bassotto Dodo, nella pausa pranzo, in un campo appena fuori città, ho visto malgrado sia novembre, una nuova fioritura di tarassaco, i dente di leone, luminosi, gialli  come piccoli soli. Bellissimi, ne ho fotografati tanti e pubblicati in questo blog dove raccolgo estratti delle mie letture più belle. Pensavo stupita guardandoli, fra dieci giorni quel fiore non ci sarà più…potrò fotografarlo ancora, ma secco e poi trasformato in un soffione meraviglioso. Ecco, quale metafora più bella della nostra esistenza, fra pochi o molti anni saremo anche noi come sul soffione e ci libreremo nell’aria, ma poi anche noi ritorneremo. Qui sta la meraviglia”

Dente di Leone