Dello stesso autore

Minnesänger : Mönch von Salzburg – Das nachthorn

SOLI DEO GLORIA

Palazzo Centro infanzia regina Elena, via Savonarola 203,  Padova. ITALY

Collage del 26 luglio 2013

Dialogo con il Figlio della terra

Il Figlio della Terra patteggia con il Figlio delle stelle

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3 Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». 5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6 «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». 8 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». 9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano
;
11 e anche:
essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra
».
12 Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». 13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato

tratto da:  Vangelo di LucaLuca 4,1-13

 

Maria Maddalena, un mistero nascosto

22 luglio Santa Maria Maddalena B.Luini

Giovane farfalla

Francesco Simeti wall paper

Rimembranze estive

Villa Foscolo. Abano Terme,Padova

Jacopo Ortis

“Le Ultime lettere di Jacopo Ortis è il grande romanzo del Foscolo, continuamente rimaneggiato e ritoccato (la prima idea del romanzo chiamato inizialmente “Laura, lettere” è stata radicalmente modificata) e per questo è stato nominato come un romanzo aperto. Il protagonista è una maschera dietro la quale si cela lo stesso autore, ma soprattutto le sue concezioni di bellezza e di amore.
Si tratta di un romanzo epistolare, una Raccolta di lettere scritte dal giovane Jacopo Ortis all’amico Lorenzo Alderani: la narrazione della vita di un personaggio che è l’alter ego del Foscolo. Esso riprende il romanzo di Goethe, “I dolori del giovane Werther”, a cui Foscolo ha saputo aggiungere originalità e valore di carattere storico e politico.
temi principali che troviamo sono quelli propri del Foscolo: l’amore, la politica, la morte. È una protesta contro la tirannide politica, del costume e della morale borghese, ma anche contro la tirannide della vita, dominata dalla morte e dal dolore, che solo l’amore e la passione sanno rendere meno grave.
L’intera opera verte sulle due aspetti principali:

 

  La passione politica, che entra in crisi dopo la delusione per il Trattato di Campoformio, con il quale crollano gli unici ideali (dopo il tramonto della fede religiosa) che davano giustificazione alla vita del Foscolo: quella libertà che viene subito negata da Napoleone spinge l’autore ad un’appassionata difesa della patria e dell’identità nazionale, un’eroica smania di azione per cambiare lo stato delle cose. La passione politica dunque col suo fallimento, mette in evidenza da un lato i rapporti negativi con il potere e dall’altro il desiderio di un’Italia che avrebbe potuto essere unificata proprio alla luce delle idee diffuse dalla Rivoluzione francese e dagli entusiasmi suscitati dalle imprese di Napoleone; il fallimento è controbilanciato dall’amor di patria, dall’elogio della virtù individuale e dalla meditazione sulla storia e sulla passata grandezza di Roma e dell’Italia.

La passione amorosa, in un aspetto più propriamente romantico, mette in risalto le Illusioni necessarie all’uomo per alleviare il dolore delle sofferenze della vita: l’amore, la poesia, la natura, l’ideale di bellezza e armonia travolgono l’uomo nella sua razionalità, nel suo bisogno meccanicistico del vivere. Ma ecco che, così come è consapevole dell’impossibilità di ogni alternativa politica, il Foscolo si rende conto che queste “illusioni” sono rese tali dalla morte e dall’impossibilità di fuggirle.

Il crollo degli ideali di patria e di amore, strettamente collegati fra loro (non a caso, quando il padre di Teresa va a casa di Jacopo gli rivela di avere anche lui le stesse idee, ma purtroppo non può permettersi di dare libero sfogo ai suoi sentimenti patriottici perché le responsabilità familiari li limitano), portano Jacopo a una disperazione sempre più profonda e radicale e infine al suicidio, in un pessimismo controbilanciato dalla speranza di un mondo in cui coloro che si amano possano riunirsi per sempre: non la morte come fine di tutto, ma come passaggio.

tratto da:http://maspo.altervista.org/ortis.htm

 

Ricordo del mare

La mattina mi raccolgo davanti all’infinita distesa del mare…

“…È stato però l’aver visto gli innumerevoli scheletri di Natzweiler, Dachau, Dora, Harzungen e Bergen Belsen a farmi riflettere sull’onnipotenza e bontà di Dio. È stato lì che mi sono detto – come poi ho trovato scritto in Hans Jonas, il filosofo ebreo che s’interroga sul concetto di Dio dopo Auschwitz – che il male, la bontà assoluta e la somma potenza non possono stare insieme, uno dei due deve cedere: o la somma potenza o la somma bontà. Un cattolico si salverebbe dicendo che Dio ha creato l’uomo libero, quindi responsabile del male che fa. D’accordo, dico io, ma se parto dal presupposto che Dio, come essere divino, vede il futuro e accetta il male che gli uomini faranno – la terra che tremerà e li farà morire a migliaia, le pesti che mieteranno vittime a migliaia, il cancro che ucciderà in tutte le forme in cui potrà manifestarsi – escludo che sia sommamente buono. Non può essere buono un Dio che non rinuncia a creare un mondo simile. E se non può rinunciarvi, non è somma autorità, non è Dio.
Quindi concludo, con Einstein: se Dio è una divinità che del mondo non si interessa o, meglio, che non ha creato il mondo perché non ne aveva la facoltà né ne sentiva il bisogno – come dice Lucrezio o come prima di lui pensavano Eraclito e Parmenide, e più tardi Spinoza – allora egli non ha né intelligenza né volontà. Per citare sant’Agostino: Sine intelligentia creatorem o lumen superrationale. Sono rimasto con Spinoza, con Deus sive natura, con Spinoza spiegato eccellentemente da Giuseppe Renzi, Spinoza onesto e coraggioso che mette gli umani di fronte alla verità, affermando cioè che sono soli e devono trovare la maniera di vivere in società. Sì, ho cominciato a occuparmi anche del nostro destino dopo essere ritornato vivo dai campi. Ho osato mettere in dubbio l’insegnamento ricevuto, che da giovane accettavo come verità indiscussa laddove era invece, scoprii, tutta da discutere. (…) La mia posizione è analoga a quella dell’amico Stéphane Hessel, caro amico purtroppo scomparso. Quando domandarono al grande scrittore Mario Rigoni Stern che cosa fosse per lui la religione, rispose: «Fermarsi in silenzio nel bosco». Era ciò che facevo quando camminavo tra gli alberi sul sentiero che sale verso l’altipiano carsico; ora sono più modesto, e la mattina mi raccolgo davanti all’infinita distesa del mare.”

tratto da:”Il Sole 24 ore” domenica 30 giugno 2013,”Così nel lager diventai ateo”,di Boris Pahor

 

Il 27 luglio 1656 scomunica di Spinoza

 

« I Signori del Mahamad rendono noto che, venuti a conoscenza già da tempo delle cattive opinioni e del comportamento di Baruch Spinoza, hanno tentato in diversi modi e anche con promesse di distoglierlo dalla cattiva strada. Non essendovi riusciti e ricevendo, al contrario, ogni giorno informazioni sempre maggiori sulle orribili eresie che egli sosteneva e insegnava e sulle azioni mostruose che commetteva – cose delle quali esistono testimoni degni di fede che hanno deposto e testimoniato anche in presenza del suddetto Spinoza – questi è stato riconosciuto colpevole. Avendo esaminato tutto ciò in presenza dei Signori Rabbini, i Signori del Mahamad hanno deciso, con l’accordo dei Rabbini, che il nominato Spinoza sarebbe stato bandito (enhermado) e separato dalla Nazione d’Israele in conseguenza della scomunica (cherem) che pronunciamo adesso nei termini che seguono:Con l’aiuto del giudizio dei santi e degli angeli, con il consenso di tutta la santa comunità e al cospetto di tutti i nostri Sacri Testi e dei 613 comandamenti che vi sono contenuti, escludiamo, espelliamo, malediciamo ed esecriamo Baruch Spinoza. Pronunciamo questo herem nel modo in cui Giosuè lo pronunciò contro Gerico. Lo malediciamo nel modo in cui Eliseo ha maledetto i ragazzi e con tutte le maledizioni che si trovano nella Legge. Che sia maledetto di giorno e di notte, mentre dorme e quando veglia, quando entra e quando esce. Che l’Eterno non lo perdoni mai. Che l’Eterno accenda contro quest’uomo la sua collera e riversi su di lui tutti i mali menzionati nel libro della Legge; che il suo nome sia per sempre cancellato da questo mondo e che piaccia a Dio di separarlo da tutte le tribù di Israele affliggendolo con tutte le maledizioni contenute nella n. E quanto a voi che restate devoti all’Eterno, vostro Dio, che Egli vi conservi in vita. Sappiate che non dovete avere con Spinoza alcun rapporto né scritto né orale. Che non gli sia reso alcun servizio e che nessuno si avvicini a lui più di quattro gomiti. Che nessuno dimori sotto il suo stesso tetto e che nessuno legga alcuno dei suoi scritti. »

tratto da:http://it.wikipedia.org/wiki/Baruch_Spinoza

Spinoza pensiero:Deus sive Natura

Dio in uno stesso atto, pensiero originario, causa se stesso ma causa anche tutte le cose, cioè essendo causa sui in lui c’è l’origine di sé ma anche di tutto ciò che esiste, perché Esso (per Spinoza Dio è impersonale) è l’origine di ogni essenza e di ogni esistenza, è l’origine di tutta la realtà materiale e non materiale, poiché è l’uno-tutto. Quando crea se stesso contemporaneamente appare l’universo e l’universo è Esso stesso, donde la celebre frase Deus sive Natura (Dio, ovvero la Natura). Non c’è differenza tra lui e tutte le cose; cioè non esiste alcuna cosa, al di fuori di Dio, che possa in qualche modo costituirne un limite. Il triangolo è Dio, ma il triangolo è anche la somma degli angoli interni uguale a 180 gradi, quindi come il triangolo è Dio anche la somma degli angoli interni è il triangolo, e anche tutte le cose sono Dio, quindi causa (il triangolo, Dio) ed effetto (la somma degli angoli interni, la Natura) coincidono. Però qui sorge una contraddizione: se Dio si identifica con la natura, allora la natura è perfetta come Dio? ma dov’è la perfezione della natura? È questo il problema che Spinoza affronta argomentando inizialmente con la teoria della doppia causalità. Spinoza dice che ci sono due tipi di causalità. La causalità di Dio è diversa da quella più comune che è quella transitiva in cui la causa passa nell’effetto (per esempio il calore del fuoco passa, transita nell’acqua scaldata) ma c’è anche una causalità immanente in cui l’effetto permane nella causa (ad esempio: pensiero=causa e idee=effetto; le idee come effetto della causa pensiero permangono nel pensiero stesso)Dio è nel mondo, il mondo è in Dio. Se la causalità divina è immanente, se in Dio non c’è differenza tra causa ed effetto, se Dio è in tutto e tutto è in Dio e, se “Deus sive Natura“, allora la natura ha le stesse caratteristiche di Dio. Ma Spinoza dice che tra Dio e le cose non c’è differenza allora il Dio di Spinoza è una potenza impersonale, perché se fosse personale si distinguerebbe dalle cose. Dio in effetti quando fa esistere se stesso con sé fa esistere tutte le cose connesse con lui, come le proprietà del triangolo sono connesse con lui. Le cose sono state prodotte da Dio con somma perfezione perché sono state conseguite con somma precisione che è perfettissima” [24] In questo senso la filosofia di Spinoza prende l’aspetto di una vera e propria “religione della scienza”, quella che si avvicina più alla ragione che alla fede e a cui si arriva attraverso una conoscenza approfondita della natura in cui si scopre la meravigliosa perfezione dell’infinito: torna alla mente la ricerca della perfezione nella Natura di Leonardo che cerca di cogliere Dio nella perfetta trama dei fenomeni naturali.

tratto da:http://it.wikipedia.org/wiki/Baruch_Spinoza

 

Spinoza

Baruch Spinoza nacque il 24 novembre 1632 da genitori di religione ebraica divenuti poi marrani, cioè ebrei forzati a convertirsi al Cristianesimo. Il padre, Michael, era un mercante che aveva sposato in seconde nozze Hanna Debora da cui aveva avuto Baruch, rimasto orfano di madre all’età di sei anni il 5 novembre 1638. La famiglia originaria del Portogallo nel secondo decennio del secolo XVII fu costretta per motivi religiosi ad abbandonare il Portogallo e a stabilirsi nella protestante Olanda dove era nato Baruch. Inizialmente fu educato nella comunità ebraica sefardita diAmsterdam, ma solo presso la scuola della comunità, il Talmud Torah, portò a termine i primi quattro gradi di istruzione. Nel 1649, in seguito alla morte del fratello maggiore Isaac, fu costretto ad abbandonare gli studi per aiutare il padre Michael nella conduzione dell’azienda commerciale della famiglia. La sua curiosità e la sua sete di conoscenza rimasero comunque inalterate, spingendolo a frequentare innanzitutto le yeshivot (gruppi di studio per adulti) della comunità. In seguito alla maturazione di una sempre più marcata insoddisfazione nei confronti della vita e della religione ebraica e di un interesse crescente per altre idee filosofiche e scientifiche   frequenta la scuola di latino di Franciscus Van den Enden, a partire dal 1654. Come è noto, grazie agli inventari portati a termine dopo la morte del filosofo, la biblioteca di Spinoza conteneva un certo numero di testi in latino, tra cui opere di OrazioGaio Giulio CesareVirgilioTacito,EpittetoLivioPlinioOvidioCiceroneMarzialePetrarcaPetronioSallustio, a riprova di una passione nata probabilmente durante il periodo vissuto a contatto con Van den Enden. Cosa importante, oltre a questa preparazione in letteratura e filosofia classica, è che gli studenti di Van den Enden venivano quasi certamente messi al corrente di problemi più moderni, soprattutto di questioni attinenti allo sviluppo delle scienze naturali: è probabile che risalga a questo periodo della vita di Spinoza il suo primo contatto diretto con le opere di Cartesio. Il 27 luglio 1656 fu data lettura di un testo in ebraico di fronte alla volta della sinagoga dell’houtgracht, il canale di Amsterdam che attraversava il quartiere ebraico: un documento di cherem (bando o scomunica), gravissimo e mai revocato.  «Durante la lettura di questa maledizione si sentiva di tanto in tanto cadere la nota lamentosa e protratta di un grande corno; le luci che si vedevano ardere brillanti al principio della cerimonia, vennero spente ad una ad una, a mano a mano che si procedeva, fino a che alla fine si spense anche l’ultima, simboleggiando l’estinzione della vita spirituale dello scomunicato, e l’assemblea rimase completamente al buio.»[4] Secondo studi recenti, tra i quali quello di Steven Nadler, l’eresia principale che portò alla scomunica di Spinoza sarebbe stata il non credere all’immortalità dell’anima mentre Nicola Abbagnano e i principali studiosi di Spinoza individuano la causa dell’inconciliabilità del suo pensiero con l’ebraismo nella sua identificazione di Dio con la natura («Deus, sive Natura»: Dio, ovvero la Natura) e nel rifiuto di un Dio-persona come quello biblico. Spinoza inoltre asseriva apertamente di ritenere la Bibbia una fonte di insegnamenti morali, ma non della verità; egli rifiutava il concetto di libero arbitrio e applicava la propria visione deterministica anche a Dio (negazione del creazionismo e della libertà di azione del Creatore): l’unica libertà che Dio ha nella visione spinoziana è l’assenza di costrizioni esterne. Nello stesso anno della scomunica (1656), a ventiquattr’anni, Spinoza fu costretto a lasciare la casa del padre e dopo un breve periodo passato a casa di Franciscus Van den Enden, che lo ospitò senza chiedere nulla in cambio, se non un aiuto nelle lezioni di latino, dovette lasciare anche Amsterdam. Nel 1660 si stabilì a Rijnsburg, in un villaggio presso Leida. Raccontava agli amici di aver persino subito un tentativo di assassinio una notte mentre tornava a casa e a riprova mostrava un mantello con il foro del pugnale.Dopo la morte del padre le sorelle cercarono di estrometterlo dalla eredità. Spinoza volle che i suoi diritti fossero rispettati e fece causa alle sorelle. Sebbene avesse vinto rinunciò a tutte le sue pretese e volle per sé semplicemente un letto con il baldacchino.Prese dimora prima nel 1665 a Voorburg, sobborgo dell’Aia, e quindi nel 1670 definitivamente nella stessa città dove visse sino alla sua morte mantenendosi con il suo lavoro di tornitore di lenti. Soggiornò per tutta la vita in camere d’affitto e gli si attribuisce un solo legame sentimentale con la figlia del suo insegnante di latino.[5] Aveva una piccola pensione dallo Stato e una rendita lasciatagli da un amico. Respinse altre offerte di aiuto economico e rifiutò la cattedra che gli era stata proposta a Heidelberg per non rinunciare alla sua libertà di pensiero. Spinoza aveva un’istintiva avversione per il clamore e la pubblicità. Molto prudentemente pubblicò le sue opere nell’anonimato rifiutando di trasformare l’episodio della sua scomunica in una polemica che avrebbe danneggiato l’unità della comunità ebraica. Non seguì l’esempio dell’eretico Uriel da Costa suicida per protestare la sua libertà ma allo stesso tempo espose con fermezza le sue convinzioni religiose su un Dio immanente e politiche sulla necessità di uno Stato laico.  All’età di 29 anni e dopo la drammatica esperienza dell’espulsione dalla comunità ebraica, Spinoza pubblica i Principi della filosofia di Cartesio, con l’appendice Pensieri Metafisici, opera che gli diede fama di esegeta della filosofia cartesiana. In questa data (1661), si era già formata intorno a lui una cerchia di amici e discepoli, con i quali intratteneva un nutrito scambio epistolare, fonte preziosa sull’andamento della sua riflessione.  La pubblicazione del Tractatus theologico-politicus suscitò notevole scandalo negli ambienti ecclesiastici, tanto cattolici quanto protestanti, e da essi si diffuse la cattiva fama di un empio e blasfemo Spinoza. Iniziò la scrittura dell’Etica nel 1661 a Rijnsburg, per poi tentare di pubblicarla una prima volta nel 1664, con il titolo di Methodus inveniendi argumenta redacta ordine et tenore geometrico. La scelta di adottare il metodo geometrico corrispondeva all’intenzione di rendere immediatamente evidente il carattere di verità, dimostrabile ed eterna, che aveva la sua filosofia. La Chiesa cattolica inserì le sue opere tra i libri proibiti nel marzo del 1679 e confermò la condanna nel 1690. Non si conoscono censure alle opere di Spinoza, forse mai redatte in quanto l’autore era ateo ex professo.[12] Cominciò così a formarsi quel mito di Spinoza ateo che trovò conferma, agli occhi dei suoi detrattori, con la pubblicazione (postuma) dell’Ethica, la cui prima parte, De Deo, sulla divinità, propone la definizione di Dio come l’unica ed infinita sostanza. Già nel primo periodo dopo la sua morte, la dottrina di Spinoza, interpretata come ateismo e come tale ampiamente condannata, incontrò invece fortuna presso i libertini che diffusero la fama di uno Spinoza ateo virtuoso. In realtà il suo panteismo era espressione di un profondo sentire religioso che rigettava ogni possibile autonomia del mondo rispetto a Dio, concepito perciò come immanente.[13]Spinoza affetto da congeniti disturbi respiratori, aggravati dalla polvere di vetro inalata a lungo nell’intaglio delle lenti[14]morì di tubercolosi, il 21 febbraio 1677 a 44 anni. La sua eredità era così misera che la sorella Rebecca ritenne meno costoso respingerla.

 

 

La pineta dell’Hotel Mediterraneo a Jesolo Lido (Venezia) silenzio e contemplazione

La pioggia nel pineto