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Danda est ellebori multo pars maxima avaris…

 

Il nome Elleboro deriva dal greco “Helleborus“, ovvero “nutrimento che uccide” in riferimento alla sua particolare velenosità, specialmente del rizoma e delle radici.
Nell’antichità si reputava che la sua radice fosse un rimedio contro la pazzia. Secondo il poeta Orazio non sarebbero bastati tutti gli ellebori che crescevano numerosi in Anticiria per curare un avaro.

La dose piú forte d’ellèboro
bisogna darla agli avari, e non so
se non sia logico somministrargli
soltanto Antícira .
Gli eredi di Staberio incisero sulla sua tomba
l’ammontare del patrimonio:
se non l’avessero fatto, avevano l’obbligo
di offrire al popolo
cento coppie di gladiatori,
un banchetto a discrezione di Arrio
e quanto frumento si miete in Africa .
‘Bene o male che abbia agito, non voglio prediche . ‘
E credo che in ciò, con la sua prudenza,
Staberio avesse visto giusto .
Cosa intendeva, insomma,
quando volle che gli eredi incidessero sul marmo
l’ammontare del patrimonio?
Finché visse considerò la povertà
un’imperdonabile colpa,
e da nient’altro si guardò con piú puntiglio,
tanto che se per caso fosse morto
meno ricco anche d’un solo centesimo,
gli sarebbe sembrato
d’essere un buono a nulla:
virtú, fama, onore, beni divini e umani,
tutto dipende dal luccichio del denaro:
e chi ne avrà accumulato di piú
sarà famoso, forte, giusto .
E sapiente? Anche, e re, ciò che vuole .
Tali ricchezze,
come se le avesse ottenute
per i suoi meriti,
sperò che fossero motivo di gran lode .
Ma lui cosa ebbe in comune
con il greco Aristippo,
che nel deserto libico ordinò ai servi
di gettare via l’oro,
perché impacciati dal peso andavano troppo lenti?
Chi dei due ti sembra piú matto?
Ma non serve a nulla un esempio
che per risolvere una questione ne pone un’altra .

Se uno comprasse cetre e compratele
le buttasse in un mucchio,
senza essere portato alla musica
o all’arte in generale,
se comprasse forme e trincetti
chi non è calzolaio,
o vele nautiche chi odia i traffici,
a buon diritto da tutti sarebbe detto
stravagante e insensato .
Che differenza c’è fra questi
e chi nasconde i suoi tesori,
senza godere di ciò che ha raccolto,
e ha paura di toccarli come fossero sacri?
Se, sdraiato accanto a un gran mucchio di frumento,
uno gli facesse la guardia notte e giorno
armato di bastone,
e avendo fame,
non osasse toccarne un chicco,
lui che è il padrone,
e preferisse per economia
nutrirsi d’insalata amara;
se, riposte in cantina mille botti
di chio e di vecchio falerno,
ma che dico, trecentomila,
lui bevesse vinagro;
di piú, se un vecchio di ottant’anni
dormisse sulla paglia,
mentre le coperte, banchetto di vermi e tignole
gli marciscono nelle casse;
niente di strano
che uno come questi sembri pazzo
a cosí poca gente,
visto che la maggior parte degli uomini
è tormentata dalla stessa malattia .

Tratto da: “Satire” Orazio, Libro II, satira 3