Dello stesso autore

Volker Hermes

Preghiera di Devozione

Volker Hermes

Energia dello Scorpione

Il 22 ottobre entriamo nel segno dello Scorpione. Segno d’acqua e fisso. La lenta morte del mondo organico diventa percettibile. La natura ha fatto la propria scelta. Le forme vitali mutano, tendono a tornare nel profondo della terra. Così ciò che era stato estenuato dal caldo arido del clima estivo, va nutrendosi in questa umida essenza autunnale. In questo segno opposto al terrestre Toro, vanno compiendosi le fasi dell’opera di trasmutazione alchemica, che si compie nel passaggio dai valori materiali a quelli spirituali. La distruzione dell’io lascia il passo a nuovi orizzonti, le forze sconosciute che dormono nel profondo dell’essere vengo rischiarate alla luce della coscienza che si fa spirituale consapevolezza.

San Michele

Qualsiasi cosa si faccia non è inutile…

“E’ un grande e potente pensiero il sapere che qualsiasi cosa si faccia non è inutile, che ogni nostra azione influenzerà l’avvenire. Così intesa la legge non ci opprime, ma ci riempie della più bella speranza, diventa il più bel dono della scienza dello spirito; dobbiamo rallegrarci della legge del karma, perchè grazie ad essa possiamo guardare all’avvenire. Abbiamo il compito di lavorare per la legge del karma, essa nulla contiene che possa rattristare l’uomo, nulla che dia una colorazione  pessimistica al mondo; essa dà ali alle nostre azioni che tendono a collaborare per l’evoluzione della terra. La conoscenza della legge del karma deve trasformarsi in sentimenti del genere. ”

tratto da: Rudolf Steiner,”La saggezza dei Rosacroce. Settima conferenza. La tecnica del karma. Monaco maggio 1907, pg.76 Ed. Antroposofica Milano

Il pifferaio magico

C’era una volta la città di Hamelin in Germania. Era una città molto graziosa, ma aveva due grossi difetti: i suoi cittadini erano molto avari e le sue cantine piene di topi.Di gatti neanche l’ombra perché, siccome qualcosina costavano ai padroni, erano stati cacciati. Fatto si è che i topi diventavano tanti e tanti che non era più possibile vivere nella città. Si pensò allora di far tornare i gatti scacciati, ma i topi li misero in fuga. Era una vita beata la loro. Ce n’erano di tutti i tipi: topi, t’opini, ratti, rattoni e per tutti c’era da mangiare: nei granai, nelle cucine, dove c’erano molte forme di formaggio. I poveri cittadini, non sapendo più che fare, si rivolsero al loro sindaco, ma anche quello più che dire: – Cercherò… Farò… Non so… – insomma…non faceva.  Ma ecco, che una mattina comparve in città un ometto minuto tutto brio e allegria che disse al sindaco: – Io vi libererò dai topi, ma voglio in cambio mille monete d’oro. Al sindaco la richiesta non parve esagerata e promise la ricompensa, scambiando con l’ometto una bella stretta di mano. L’ometto, allora, prese da un sacchetto che portava a tracolla un piffero e diede due o tre zufolate. Subito i topi che erano nello studio del Sindaco, nascosti qua e là, balzarono fuori e, quando l’uomo uscì, lo seguirono. Il pifferaio continuò a suonare in strada e nugoli di topi lo seguirono squittendo felici. Nelle loro testoline vedevano montagne di formaggio tutte per loro, vedevano dispense con ogni ben di Dio pronte ad essere saccheggiate. E la marcia trionfale del suonatore continuò: da tutte le case uscivano a centinaia topi di tutte le dimensioni, di tutte le età: anche i più saggi e i più furbi tra loro credevano a ciò che la  musica magica prometteva! E la gente, affacciata alle finestre, appoggiata ai muri delle case guardava esterrefatta e felice quella smisurata fila di roditori che seguiva il suonatore. Finalmente quando tutti i topi della città furono riuniti dietro a lui, il suonatore si avviò verso il fiume e le bestiole dietro, sempre più affascinate dalla musica magica. Il pifferaio entrò ad un tratto nell’acqua e quelli ancora dietro; avanzò ancora finché fu immerso fino al collo e i topi lo seguirono incantati e fiduciosi. Egli allora si fermò in mezzo alla corrente e seguitò a suonare e i topi per un po’ nuotarono e poi, siccome da lui non potevano allontanarsi finirono per annegare tutti, nessuno escluso! Allora il suonatore uscì dal fiume, si scrollò l’acqua di dosso e si recò dal sindaco per ricevere la dovuta ricompensa. Il sindaco, come lo vide entrare, arricciò il naso e gli chiese: – Che vuoi tu? Il sindaco si affacciò al balconcino del municipio e chiese ai concittadini quel che doveva fare e tutti furono d’accordo con lui, da quegli avaracci che erano. Il pifferaio allora amareggiato e molto arrabbiato minacciò: – Vi pentirete oh, se vi pentirete di quello che mi fate! Uscì in strada ed eseguì una scala col flauto soffiando a tutte gote poi, aiutandosi con le agili dita, emise dolcissimi suoni. Tosto si videro teste di bimbi guardare giù dalle finestre, volgersi verso il pifferaio, poi un ragazzino uscì dalla casa e guardò con entusiasmo l’uomo che suonava. A lui si unirono due, tre compagni e tutti guardavano come affascinati il suonatore. E questi non smise di suonare, anzi la sua musica diventò più dolce e persuasiva e nella mente dei bambini faceva nascere visioni di città tutte balocchi, di città tutte dolci, senza scuole, senza adulti che volevano comandare ad ogni ora del giorno. E la schiera ingrossava sempre più e tutti i componenti erano felice e ridevano, e tenendosi per mano cantavano seguendo sempre più affrettatamente il pifferaio. Ed ecco i genitori rincorrere quella schiera di gioiosi figlioli che se ne andavano con l’omino così, come i topi che lo avevano seguito sino alla morte! Ma essi si stancavano da morire e non riuscivano a tenere il passo con i loro figli che camminavano sognando cose meravigliose… Il sindaco, chiuso nelle sue stanze, si strappava disperato i capelli. Intanto il suonatore si avviava verso la grande montagna che si trovata proprio alle spalle della città. I bimbi dietro cantavano: erano così felici di seguire quell’omino che nessuno li avrebbe distolti dal loro proposito. Giunsero così a metà montagna: al suono del piffero questa si aprì e tutti, pifferaio in testa, entrarono nella fenditura che si richiuse ermeticamente dietro l’ultimo della fila. Ne restò fuori solo uno zoppetto che non era riuscito a camminare veloce come i compagni. I cittadini che giunsero sul luogo dopo qualche tempo, lo trovarono là che piangeva disperato per non aver potuto raggiungere i suoi amici. Dei bambini non c’era più traccia e nessuno seppe mai ciò che ne fosse stato.

Tratto da: Da Fratelli Grimm – Deutsche Sagen -585 Leggende Germaniche – pubblicate in due volumi tra il 1816 e il 1818

Si comincia da due

La magia di Giacomo

L’Essere essenziale

“L’Essere essenziale non è privilegio di nessuno ma bene di tutti, così come il profumo di un roseto non appartiene a nessuno dei fiori che lo emana, ma è l’essenza generica dell’insieme.
Quando una persona arriva a dissolversi nell’Essere essenziale, si verifica quella che nei Vangeli, si definisce “trasfigurazione”. La carne perde il peso della sofferenza, le emozioni diventano sublimi, i pensieri fluidi e i desideri gioia di vivere. Questa trasfigurazione può essere permanente, oppure occasionale, ma anche in quest’ultimo caso lascia un retrogusto che consente di ritornarci sempre più spesso. Nel momento in cui tale stato diviene permanente, l’Essere essenziale si richiude attorno alla personalità, e come l’abbraccio di una madre sostiene teneramente l’ego personale e transpersonale: questa persona che porta il mio nome esiste, questa persona che porta il mio nome morirà, ma in fondo questa persona che porta il mio nome ed è mortale non esiste.  Questo è il messaggio di tutte le grandi tradizioni spirituali.”

Tratto da:”Metagenelogia”, Alejandro Jodorowsky, Universale Economica Feltrinelli

Migliaia di papaveri

L’altro modo

“Le cose che vediamo (…) sono le stesse cose che sono in noi. Non esiste nessuna realtà se non quella che abbiamo in noi. Perciò la maggior parte della gente vive in modo così irreale, poiché considera reali le immagini di fuori e non lascia esprimere per nulla il proprio mondo interiore. Si può anche essere felici in questo modo. Tutta via quando si viene a conoscere l’altro modo, non si ha più l’opzione di percorrere la strada della maggior parte della gente. ”

Tratto da “Demian”, Herman Hesse

Trasformare la contraddizione in relazione

“Già nel 2500 a.C. Platone riflette su quanto poco il pensiero dicotomico, la cosiddetta tecnica, possa davvero educare le sopravviventi generazioni. …  Nel Timeo: ” Che due cose sole  senza una terza si colleghino bene non è possibile. Ci deve essere tra loro un legame, il demos, che le annodi l’una all’altra, ma il più bel legame è quello che fa per quanto possibile  un’unità di sè e di ciò che collega e compiere questo nel modo più bello  è il carattere essenziale della proporzione.” Galimberti ne La terra senza il male sottotitolo Jung, dall’inconscio al simbolo, a proposito di questo passaggio dice: “Ogni volta che una contraddizione sbarra la strada all’intelletto questo procedere è costretto a scoprire quel rapporto che trasforma la contraddizione in relazione”. Questo è quanto è riuscito a fare Hamer. E’ riuscito a porre e a trovare il collegamento che apre la strada alla correlazione tra malattia e conflitto. Bisogna avere una mente non dicotomica e in grado di comprendere il senso del tutto per poterne non solo coglierne la grandezza ma ottimizzare quel processo di soluzione. Come vedete sto utilizzando Platone in un testo che parla di diagnostica hameriana, perché a me risulta chiaro come sono stati tanti gli esseri umani, ognuno con il proprio linguaggio, che hanno, in verità non solo investigato, ma molto spesso raggiunto la comprensione su altri piani di quanto poi si sia rivelato vero anche a livello fisico, e cioè che siano stati in grado di capire che tutto è uno, uno è tutto e che le cose si muovono con sincronicità la stessa sincronicità che fa parte essenziale e forse è il cardine fondamentale dell’insegnamento proprio di Jung. ”

tratto da: “Guida alla risoluzione dei conflitti a partire dal metodo Hamer”, M. Pizzi e A. Spreafichi. Macro edizioni 2008, 2020

Passi sicuri di chi dimora nella presenza

Viriditas di Beltane

Sprofondare in questo preciso istante

“Si tratta di osservare sia l’evento che le emozioni scatenate dentro di noi dall’evento, e lasciare che questa esperienza sfoci in qualcosa di appropriato rispetto al problema o alla situazione difficile che stiamo vivendo. In un certo senso non c’è alcuna attività decisionale, frutto di un ragionamento. Cosa fare e come farlo diventa semplicemente evidente. Non devi ragionare su cosa fare, bensì “sondare” – cioè scendere in profondità nello stato di presenza -che cosa fare. Non agisci per deduzione logica, ma guidato da una sensazione interiore che scaturisce in te come conseguenza della calma raggiunta nello stato di presenza, uno stato che in realtà è ciò che veramente sei al di là di emozioni e pensieri appartenenti alla personalità. Ciò significa che finalmente è il tuo vero Sé ad agire.

Vi sto parlando di una rivoluzione nel modo di prendere le decisioni e, più in generale, di viverle.

  • Muoversi verso l’interno invece che verso l’esterno, come ci hanno abituati a fare fin dai tempi della scuola.
  • Sondare la propria profondità. Significa “lasciarsi scivolare” all’interno. E un processo che si realizza grazie a un’energia femminile/accogliente, non maschile/penetrante. Non puoi penetrare nel tuo stesso Sé, devi attendere,  in stato di presenza nel qui-ora, che sia lui ad attrarti nel suo abisso.
  • Dimorare nella presenza.
  • Acquisire uno stato di pace e rilassatezza, anziché tentare di risolvere il problema dal punto di vista logico

Viviamo un tempo veloce dove l’accento è posto sulla prestazione anziché sulla presenza. L’esterno affascina e cattura l’attenzione, attraverso speranze e ansie quotidiane. Di fronte a un problema il primo istinto di chiunque è fare, anziché semplicemente stare. Ma la soluzione di ogni problema è nella capacità di resistere alla tentazione del fare, per sprofondare invece in questo preciso istante, fino a sciogliersi in un più espanso stato di coscienza.”

tratto da:” La via della ricchezza”, S. Brizzi, Anima edizioni, 2017

Beltane

Beltane o Beltaine (dal gaelico irlandese Bealtaine o dal gaelico scozzese Bealltuinn; entrambi dall’antico irlandese Beletene, “fuoco luminoso”) è un’antica festa pagana gaelica che si celebra attorno al 1º maggio. “Bealtaine” (pronuncia IPA /ˈbʲɑlˠ.t̪ˠə.n̪ʲə/) è anche il nome del mese di maggio in irlandese ed è anche tradizionalmente il primo giorno di primavera in Irlanda. È il giorno situato a metà fra l’equinozio di primavera ed il solstizio estivo, astronomicamente il giorno corretto è il 5 maggio. Fonti gaeliche del X secolo affermano che i druidi accendevano dei falò sulla cima dei colli e che vi conducevano attraverso il bestiame del villaggio per purificarlo ed in segno di buon augurio. Anche le persone attraversavano i fuochi, allo stesso scopo. L’usanza persistette attraverso i secoli e dopo la cristianizzazione (i popolani sostituirono i druidi nell’accendere i fuochi), fino agli anni cinquanta. La celebrazione sopravvive ancora oggi in alcuni luoghi, dove principalmente le persone vengono fatte passare attraverso i fuochi. Una celebrazione di Beltane si tiene ogni anno la notte del 30 aprile a Calton Hill, presso Edimburgo (Scozia), a cui partecipano circa 15.000 persone. Beltane è una festività prettamente britannica e irlandese, non estesa a tutti i popoli celtici, dato che i Gallesi, i Bretoni ed i Galli non celebravano questa ricorrenza. Nel Druidismo, Beltane indica una delle otto festività legate al ciclo delle stagioni. Nella Wicca Beltane o Beltaine indica uno degli otto sabbat, celebrato il 1º maggio. Anche se la festività riprende alcuni aspetti della festa gaelica (come i falò), sembra più legata alla celebrazione germanica di Calendimaggio, sia per il significato di festa della fertilità che per i rituali (come la danza attorno a un palo ornato di fiori e stringhe, di cui ogni danzatrice e danzatore tiene un’estremità). Beltaine è celebrato con una rappresentazione rituale del rapporto fra la Dea e il Dio.

tratto da Wikipedia

La meditazione