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L’udito spirituale, come il terzo occhio

“Perché il suono è una ritmica onda che si frange e si ritira, in un perpetuo moto di espansione e contrazione? Perché la cantilena del derviscio, nel ricordare il Nome di Dio, s’avvolge nei giri infiniti di un’eterna spirale, che trascina, che incanta, fino allo stordimento dei sensi e al rapimento dell’anima? La risposta è tutta la vita dell’universo, dagli atomi alle stelle, è fatta di espansione, contrazione e rotazione.  L’inspirazione e l’espirazione, le sistole e le diastole sono i ritmi dominanti e continui della vita umana: l’espansione è crescita e gioia, la contrazione è diminuzione e dolore. Il cerchio della nascita e della morte si apre e si richiude ininterrottamente per dar luogo ad altre nascite e morti infinite. Ed ogni cerchio che si compie è un nuovo canto di lode che la creatura rivolge al suo Creatore. Anche le sfere celesti, più vicine alla fonte dell’Essere, levano il loro inno di gloria al Signore: ogni sfera nella sua eterna danza intorno al centro del cosmo produce il suo suono, dalla volta lunare a quella stellare, e i purissimi suoni si fondono in un’armonia che il semplice udito umano non sa percepire. L’udito spirituale, come il terzo occhio, è il senso che penetra il velo dell’ultrasensibile. In ogni uomo esiste questa virtù remota e vicinissima: è un’energia latente, che attende solo di essere risvegliata.  Perchè nel Corano è scritto che ” Allah è a noi più vicino della nostra stessa vena giugulare”: E’ il seme nascosto nella terra, che muore per rinascere in un germoglio. Una vibrazione misteriosa, un richiamo inesplicabile fatale compiranno il prodigio: per questo i dervisci danzano ruotando intorno a un perno fissato nel terreno. Sono folli di Dio che come falene votate alla morte lambiscono volteggiando la fiamma dello spirito divino fino a dissolversi nel core del fuoco. La loro morte è una rinascita: il loro sacrificio un mistero: Pe r questo il nay, il lungo flauto di canna suonato nella cerimonia del  samāʿ*, emette all’infinito il suo ipnotico lamento: per questo la voce profonda dei dervisci invoca senza mai stancarsi una sillaba sola: Hu (Huwa, Lui). Lui,  Allah, il Dio: Sciogliendosi poi nelle sette sillabe della professione di fede: lā ʾilāha ʾillā-llāh, “Non c’è dio se non Iddio”.

tratto da: ” Sufi, la danza del cosmo”, Massimo Jevolella, red edizioni

*Nella tradizione sufi mevlevi, il Samāʿ rappresenta un viaggio mistico di ascesa spirituale attraverso la mente e amore per “il Perfetto”. In questo viaggio il danzatore simbolicamente si rivolge alla verità, accresce in amore, abbandona il proprio ego, trova la verità e giunge al “Perfetto”; quindi ritorna dal viaggio mistico con una maturità maggiore, così da amare ed essere di servizio per tutto il creato, senza discriminazioni di fede, razza, classi e nazioni.